Ricordo di Augusto Guzzo (Napoli, 24 gennaio 1894 – Torino, 23 agosto 1986): filosofo italiano, esponente dell'idealismo italiano, si avvicinò all'attualismo di Giovanni Gentile, interpretato però in chiave di conciliazione con il pensiero cattolico. È considerato quindi uno dei più grandi esponenti dello spiritualismo italiano.
Come professore di filosofia al liceo, ebbe come docente Sebastiano Maturi (filosofo che dopo aver vinto un concorso per uditore giudiziario si dedicò alla docenza di filosofia nei licei tenendo corsi di filosofia hegeliana nell'Università di Napoli .
Importanti i carteggi con Croce e Gentile, i maggiori esponenti dell'idealismo italiano, ai quali fu legato da un rapporto di amicizia).
Dichiarerà, successivamente, di avere ereditato proprio da Maturi le basi del suo pensiero:
- la concezione dell’oggetto come “altro” dello spirito;
- la concezione della realtà come una perenne creare forme;
- l’ispirazione religiosa.
Da Maturi, inoltre, eredita l’attenzione a Bruno, Spinoza, Gioberti ed Hegel.
Guzzo ricercò nei suoi studi, il nesso tra realismo e idelismo, soffermandosi a lungo sul concetto di azione e poi di esperienza, in particolare estetica e religiosa.
Per il professore, se la ragione alla coscienza è indubitabile ed intuitiva immanenza, così viceversa, la coscienza rispetto alla ragione . L’esperienza è assunta per realtà, dal momento che si attesta da sé reale a sé medesima.
Ed in questa esperienza, nell’operare della ragione, emerge la domanda che l’uomo fa a sé stesso: "l’uomo è un’unità infinita, un’infinità, che dà vita a una moltitudine di finiti".
La compresenza nell’uomo, anzi il vincolo, d'infinità e finità è l’enigma, la magna quaestio, che l’uomo è a se stesso: non può l’uomo non inquietarsene, e trascurare di domandare che cosa ciò importi e significhi".
Guzzo chiama questa sua prospettiva “nuova antropologia".
Guzzo seppur ritiene esatta la formulazione, non vi si riconosce trovandola in parte incompiuta.
Che nulla al mondo sia comprensibile o pensabile senza una Mente, capace di dare un senso persino a ciò che è malvagio o che appare illogico, è conseguenza e non compito proprio della filosofia. Né si riconosce nell’ “idealismo trascendentale". Studioso di Kant, Guzzo propone una “nuova antropologia”, dal momento che centro di tutta la sua trattazione è lo studio sull’uomo teso alla ricerca della vocazione al vero e al divino che in lui vi sono e nella maggior parte delle sue riflessioni, pone l’accento sul dato concreto, reale, sulla causa, sullo spirito, su quella interiore presenza da cui muove, nella sua concezione antropologica, la filosofia.
Per la sua filosofia della religione, l’uomo crede agli ideali che si rappresenta perché è Dio che lo illumina. Il bisogno di credere è come radicato nell’animo di ciascun uomo. Forte l’influenza di sant’Agostino, a cui Guzzo resta fedele sin dai suoi primi scritti.
Per B. Mondin, la filosofia di Guzzo, è chiaramente di stampo platonico-agostiniano, sia nel metodo (interioristico) sia nei contenuti, con la chiara affermazione del primato dei valori assoluti e perenni.
Conseguenza dell’estrema negazione della religione è il ritorno dell’uomo a Dio, all’affermazione di Dio, al bisogno di credere.
Sono queste le riflessioni che lascia ai colleghi e studenti nel 1986, anno della sua scomparsa.
Gianluca RIGUZZI