A 46 anni dall' "infame" Trattato di Osimo, le ferite sono ancora sanguinanti e difficilmente potranno rimarginare.
Buongiorno, 46 anni fa veniva firmato il trattato di Osimo che, di bello, ha solo la cittadina anconetana.
Il perchè del mio atteggiamento contrario agli sviluppi, ahimè, di quella che considero un'ingloriosa firma del mio Paese? In esso c'è l'assenza di quello che giuridicamente si definisce trattato internazionale. Dato per scontato che il Trattato, nel suo genere, è una delle principali fonti del diritto internazionale, che consiste nell'incontro delle volontà di due o più Stati diretti a disciplinare rapporti intercorrenti tra essi; è proprio l'incontro delle volontà, quello che timidamente vorrei far rilevare quale punctum dolens della vicenda. Ma faccio un passo indietro... L' accordo da me biasimato, metteva la parola fine al contenzioso tra Italia e Jugoslavia nato dopo la seconda guerra mondiale e riguardante la divisione (o meglio la cessione!!!!) dei territori dell’Istria e a est di Trieste. Dopo la guerra, con gli accordi di Parigi del 1947, l’Italia, Paese sconfitto, s' impegnava a cedere alla Jugoslavia il territorio di Zara, le isole di Lagosta e Pelagosa, gran parte dell’Istria e l’alta valle dell’Isonzo. Inoltre in quella che sarebbe diventata la provincia di Trieste, nel comune di Trieste e nella restante parte dell’Istria veniva istituito il Territorio Libero di Trieste (per comodità TLT). Il TLT doveva diventare, uno stato indipendente e neutrale garantito dall’ONU e amministrato nelle sue due zona "A" dagli alleati e "B" dagli jugoslavi. Aspetto, quest'ultimo, che provocò attriti e problemi. Infatti se la Zona A veniva affidata a inglesi e americani, la Zona B veniva affidata agli jugoslavi, creando un concreto rischio di annessione di quest’area da parte di Tito. Nel 1954, a risolvere parte delle questioni, arrivò il Memorandum di Londra in cui Italia e Jugoslavia si accordavano per amministrare le due zone, così la Zona A (Trieste e la sua provincia) venne guidata da un’amministrazione civile nominata dall’Italia e la Zona B da una a nomina di Belgrado. Questo status quo andò avanti fino al 10 novembre 1975, giorno in cui Italia e Jugoslavia si riunivano per siglare il Trattato in cui si dava copertura giuridica a quanto deciso 20 anni prima e le due parti contendenti si annettevano le zone rispettivamente amministrate. L’Italia era in un posizione di forza e avrebbe potuto rivendicare anche la parte iugoslava, dato che il TLT non si era mai costituito e quindi anche la zona B poteva intendersi ancora come parte del territorio italiano. L’Italia, nei fatti, optò per riconoscere lo status quo, per mettere fine alla controversia e rinunciare alle sue rivendicazioni. Fu costretta ahimè a farlo, in funzione antisovietica, PERCHÈ?
Eravamo in piena "Guerra Fredda" , ed il nostro vassallaggio, nei confronti degli Stati Uniti, il cui obbiettivo era quello di avvicinare Tito verso l’Occidente, sacrificò il nostro interesse. Terre a Tito, quale premio per il distacco dal blocco sovietico. Il sacrificio? Al popolo italiano!
Tito, grazie agli USA, poté rivendicare il Trattato, come una vittoria diplomatica. Esso è rimasto in vita anche quando Slovenia e Croazia, nei cui confini sono compresi i territori inerenti all’accordo, si sono distaccate dalla federazione jugoslava.
L’Italia con "troppa fretta" (ed ahimè SENZA TRATTARE !!!!) ha riconosciuto i due Paesi come legittimi successori degli impegni internazionali della Jugoslavia, comprendendo pure gli accordi di Osimo per le rispettive parti di competenza.
Peccato, peccato, peccato. Ci sarebbero stati i margini giuridici per una ritrattazione.
Un saluto ed aguriamoci una buona giornata che di questi tempi è già qualcosa!
Gianluca RIGUZZI