Quando l'amico Ammiraglio Maurizio Bonora, Presidente della Sezione riminese dell’Unione Nazionale Ufficiali in congedo d'ltalia, mi prospettò il suo desiderio di dare inizio ad un ciclo di conferenze nell'ambito appunto del sodalizio da lui presieduto. gli dissi che ritenevo l'iniziativa meritevole di attenzione ed è così che egli , senza perdere tempo, mi disse:“tu sarai il primo oratore di questo ciclo. Eccomi qua. Non aspettatevi una lectio magistralis. Per chi non mi conosce sono Giovanni Ruzzier (Gianni per gli Amici) esule da Pirano d'Istria in provincia di Pola, profugo italiano in patria con tanto di attestato prefettizio; arrestato nel gennaio 1949 dalla polizia politica jugoslava, l'UDBA ed associato alle carceri all'età di 14 anni per propaganda antijugoslava. Grazie a mia madre il 13 giugno 1951, mentre si stava profilando un mio nuovo arresto, sono riuscito a varcare la linea di demarcazione raggiungendo la Zona A del mai nato T.L.T. e, per non farmi mancare niente, il 4 novembre 1953, reduce dal pellegrinaggio a Redipuglia sono stato arrestato dal Comandante inglese della Polizia Civile , perché in testa ad una manifestazione, tenendo alto il Tricolore, si reclamava il ritorno di Trieste alla Madre Patria, giorni impegnativi che videro in quelli successivi l'assassinio di sei “patrioti" da parte degli uomini del Gen.Winterthon comandante inglese la Zona A. Ho vissuto in un campo profughi fino al 9 maggio 1955, giorno in cui mi sono arruolato nel continente di mare della Guardia di Finanza, assumendo nel tempo il comando di guardacoste d'aItura e di squadriglia navale.
Ho parlato fin troppo di me. All'inizio vi dissi che l'Amm. Bonora decretò che dovevo dar corso alle conferenze e, da buon marinaio o meglio da buon Comandante, mi ordinò che dovevo parlare di "amor di Patria".
Non avendo alternative, i primi pensieri che mi passarono per la testa furono il libro "Cuore" di Edmondo de Amicis e l'esodo degli lstriani, Fiumani e Dalmati che tutto lasciarono per poter continuare a vivere nella libertà e poter parlare la lingua di Dante ed il ritorno di Trieste aII'ltalia il 26 ottobre 1954.
Molti di voi avranno reminiscenze scolastiche la lettura del libro Cuore.
Il libro ha rappresentato un fondamento della letteratura italiana dedicata ai ragazzi delle scuole elementari. E’ il diario di un anno scolastico, scritto da un alunno che avrebbe potuto essere di una qualsiasi scuola italiana, che pone in evidenza e particolare attenzione alla provenienza sociale dei suoi amici di banco. Il libro rappresenta il diario di ciò che il nostro alunno aveva visto, sentito, pensato nella scuola e fuori, cui si è inserito il padre che ha cercato di non alterare il pensiero del suo ragazzo. Edmondo de Amicis con questo libro ha saputo traghettare, fino agli anni ’60, meglio dire 1968, alle generazioni che si sono succedute un carico di profondi insegnamenti uniti ad una intensa, sentita italianità. Avvenimenti lieti e tristi di una vita scolastica, alternati da racconti volutamente impregnati di amor di patria; come la "Piccola vedetta lombarda", "Il tamburino sardo", “Dagli Appennini alle Ande” mettendo in luce personaggi che riflettono le vicissitudini del tempo risorgimentale. Oggi il libro "Cuore" sarebbe difficilmente accolto dai nostri ragazzi, distratti dal telefonino, assenti, senza dialogo, attenti al tornaconto del momento. In realtà, leggendolo oggi, potrebbe essere giudicato retorico, ma Io si dovrebbe riproporre alle scuole elementari, per dare ai ragazzi l'opportunità di leggere un testo importante per la loro crescita morale, culturale ed anche patriottica, non alle medie ed alle superiori, perché i nostri ragazzi hanno in corpo di già tanti elementi conoscitivi vivendo in una società che cresce a dismisura giorno per giorno in un susseguirsi di novità difficili da inseguire ed ancor più difficili da portare a compimento.
Però, in realtà, a tanti giovani distratti gioverebbe leggere qualche lettera che il padre scriveva al figlio mensilmente.
Si dice: manca la famiglia! La potestà genitoriale è stata messa in cantina. Ai nostri giovani tutto e permesso, ma nessuno ha il coraggio di parlare loro dei Valori che hanno contraddistinto la nostra società, delle lotte, delle guerre che i loro nonni hanno combattuto per dare alla nostra Nazione pace, benessere, libertà, democrazia e, tra questi Valori, c'è l'amor di Patria, il sentirsi orgogliosamente appartenenti ad una comunità che vive, lavora, produce, soffre e gioisce. Ecco, sarebbe necessario, per un momento, fermare il tempo, avvicinare i nostri ragazzi per far leggere a Ioro una delle lettere di cui parlavo prima. Cito:” Io amo l'ltalia, perché mia madre è italiana, perché il sangue che mi scorre nelle vene è italiano, perché è italiana la terra dove sono sepolti i morti che mia madre piange e mio padre venera, perchè la città dove sono nato, la lingua che parlo, i libri che m'educano, perché mìo fratello, mia sorella, i miei compagni e il grande popolo in mezzo a cui vivo, la bella natura che mi circonda tutto ciò che vedo, che amo, che studio, che ammiro, è italiano” Ve lo immaginate come verrebbe accolto, tolto le debite eccezioni, questo pensiero dai nostri ragazzi di oggi. Certo “Cuore“ è lontano dal progresso che ci siamo conquistato in tanti anni di lotte, di avversità, di guerre atroci, ma ai nostri ragazzi ci corre l'obbligo di dare loro un futuro di certezze e la Patria e l'amor di Patria è una certezza per la quale vale la pena vivere, lottare, impegnandoci a farne un esempio a livello mondiale per quanto con serietà, abnegazione, spirito di servizio ognuno di noi può concorrere per renderla migliore. Penso, sommessamente, che i genitori dovrebbero trovare il tempo per dialogare con i Ioro figli. L'esperienza genitoriale, unita ai ricordi, alla educazione ricevuta, alle esperienze lavorative sono indispensabili per trasmettere ai figli tutta una serie di Valori che devono essere improntati all’onestà, alla sincerità, al rispetto verso gli altri in un’ottica di coesione, atta a sviluppare contatti umani corretti, senza dimenticare di ricordare loro che il Tricolore non si tira fuori dal cassetto solo quando la nazionale di calcio vince una partita, che il Tricolore rappresenta il simbolo dell'unità nazionale e che per esso tanti Ioro nonni forse hanno perso la vita per tenerlo alto nelle cruenti battaglie terrestri o tra i marosi dei mari. Questi Valori dovrebbero trovare lo spazio che meritano nella scuola di ogni ordine e grado, scuola che ahimè(!) non sempre risponde come dovrebbe alla formazione dei giovani, specie laddove alcuni insegnanti politicizzati diseducano le attese degli studenti con falsi ideologismi. L'insegnamento dovrebbe essere fonte di apprendimento, del sapere. I nostri giovani ieri giravano con le magliette del Che Guevara Urlando le frasi più assurde contro il potere legalmente costituito, oggi assistiamo ad una Ioro più marcata presenza con toni razzisti pericolosi, che la mia generazione ha già conosciuto subendone le conseguenze tragiche che non vogliamo si ripetino mai più. Pensate quanto sia attuale una lettera aperta che ho rivolto agli studenti riminesi nell'ottobre 2001, lettera pubblicata da “La Voce”, che qui vi propongo, dal titolo” Cari studenti, perché non usate il Tricolore?” Scrivevo: “Cari studenti riminesi, vi ho visto martedì 9 ottobre, in piazza Cavour, a manifestare per la Pace. Giusto! Anzi, vi dirò di più, è doveroso partecipare a manifestazioni non violente per esprimere il proprio disappunto, l'orrore della guerra. In definitiva, ne va del vostro futuro! Ed è su questo vostro “futuro” che desidero esternarvi alcune mie perplessità. Stiamo vivendo un periodo triste, in un mondo che vuole la globalizzazione ma non dà certezze, in un mondo egoista, cieco, che non sa guardare a chi muore di fame! Vi guardavo e pensavo a quando avevo la vostra età e frequentavo la scuola ed anch'io scendevo in piazza. Oh! i tempi sono cambiati, certamente in meglio! Voi non avete conosciuto la guerra, l'occupazione straniera, le deportazioni, l'esilio. Voi, fortunatamente, siete nati dopo. Dopo che i vostri nonni ed i vostri padri hanno dovuto lottare per darvi questo mondo fatto di libertà e democrazia. Vi ho visto in piazza, seduti a terra ed in piedi, festosi ( forse perché è saltato un giorno di scuola) ma, senza impegno. Per di più ho visto (probabilmente era un gruppetto a se) sventolare la bandiera di Cuba ed il rosso vessillo con l'effige del Che Guevara. Ed allora mi sono chiesto, perdonate la mia ingenuità, perché quei vessilli? Si, giovani, perché non avete il coraggio di scendere in piazza, a reclamare giustamente, per il vostro domani alzando il tricolore della Patria? Quel bianco-rosso-verde per il quale i vostri nonni e papà, forse, sono morti? Abbiate il coraggio di essere, degnamente, italiani e non limitatevi a parlare al telefonino, a scorrazzare in motorino, ad andare in discoteca …con i soldi di papà. Siate vicini a chi soffre, oggi, in Afganistan, nel Medio Oriente(palestinesi ed israeliani), ovunque nel mondo c'è ingiustizia, le barbarie, la fame e ricordatevi di quanti, troppi bambini non avranno mai la fortuna di avere tra le mani un telefonino! Siate sempre e comunque italiani e, nelle vostre manifestazioni siate fieri, orgogliosi di alzare il tricolore della Patria. Ce lo indica il nostro Presidente della Repubblica! Auguri ragazzi! Possa questo mondo, questa società, questa Italia darvi quanto meritate. Ricordatevi: si sono dei diritti da reclamare ma, prima di sono i doveri da rispettare, in primis: l'amor di Patria. Ancora auguri.” Firmai questa lettera aperta come Coordinatore provinciale dei monarchici riminesi, carica che non ricopro più da molti anni. Si dice: la scuola è maestra di vita. A scuola, di qualsiasi livello, si va per imparare. Ai miei tempi, quando l'insegnante entrava in classe ci si alzava in piedi. Era una forma di rispetto che oggi è desueta; l'insegnante, talvolta concede agli studenti la libertà di non usare il lei nei colloqui creando nello studente la percezione di una errata parità, ma è l'insegnante che scende dalla cattedra rinunciando alla sua prerogativa che è quella di insegnare, educare e farsi rispettare. Dove manca il rispetto, non ci può essere dialogo, né attenzione. E le conseguenze di certi atteggiamenti, noi esuli Istriani ben sappiamo come siano finiti. Vedete, chi viveva in lstria, così come a Fiume ed Zara, aveva un cordiale rapporto con tutti, indipendentemente dal Ioro ceppo di provenienza. I legami con il resto della Nazione erano improntati ad un sano patriottismo. Con l'avvento del fascismo, molti sloveni e croati presero la tessera del partito, divenendo alcuni “federali”, la stessa cosa fu messa in atto anche dagli ebrei . Giova ricordare che sloveni e croati erano fedeli cittadini del Regno d'ltalia fino a quando il fascismo cambiò faccia negando loro di parlare la loro lingua, di frequentare le loro scuole. Più tardi ancora più brutta sorte tocco agli ebrei a seguito delle leggi razziali. Non ostante questa situazione, in lstria anche dopo l'inizio della Seconda Guerra Mondiale si viveva, diciamo discretamente, fatti salvi i bombardamenti, mitragliamenti, affondamenti di naviglio. Tutto cambiò dopo l’8 settembre 1943. Fummo occupati dalle truppe naziste che imposero le Ioro leggi e la nostra terra divenne un protettorato tedesco del Terzo Reich. Assistetti all'ammaina bandiera del nostro Tricolore sabaudo e vidi al suo posto issata la bandiera con la svastica. Da quel momento l'amor di Patria divenne in me ancora più forte. La popolazione non amava i nazisti, ma dovette assistere ad arresti, rastrellamenti con conseguenti deportazioni nei lager. Quando il 1° maggio 1945 fummo liberati credevamo che veramente la guerra fosse finita. Ci accorgemmo presto che eravamo caduti dalla padella nella brace. Le cose andarono abbastanza bene fino alla fine del 194S, tanto è vero che su tutti i documenti appariva la marca da bollo con l'effigie del Re Vittorio Emanuele III, per cui facevamo ancora parte del Regno d'ltaIia. Dal 1° gennaio 1946 le cose cambiarono radicalmente. Gli jugoslavi occupanti destituirono i membri del CLN dell'lstria, facendoli sparire notte tempo. Potrei raccontarvi tanti episodi raccapriccianti. La nostra Patria ci era preclusa, tanto è vero che non ci fu concesso nemmeno di votare al referendum istituzionale "repubblica/monarchia". Iniziò il terrore! La macchina politica del comunismo jugoslavo, supportata dai comunisti italiani di Togliatti fino al 1956, mise in atto la pulizia etnica colpendo sacerdoti, insegnanti, impiegati, medici, farmacisti, operai e contadini per due motivi: italiani in primis e poi anticomunisti. Potrei continuare a parlarvi a lungo della nostra tragedia, mi limito a ricordare "le battere" a Venezia dove approdò il piroscafo Toscana e la Stazione FS di Bologna. A Venezia gli esuli vennero accolti dai "compagni" del PCI con sputi e grida di "fascisti andatevene", a Bologna i ferrovieri comunisti della CGIL decretarono Io sciopero generale qualora un treno di esuli in transito, composto da carri bestiame, si fosse fermato in stazione per avere un momento di assistenza per vecchi e bambini. Il treno non si fermò ed il latte destinato ai disgraziati fu versato sui binari. Non ostante tutto, mentre i governi che si sono succeduti nulla abbiano fatto per farci rispettare, basti pensare più tardi la firma del famigerato Trattato di Osimo del 10 novembre 1975 con il quale donammo la Zona B del mai nato TLT ai maresciallo Tito, noi continuammo ad amare la Patria. Non ostante tutte le ingiustizie subite, non ostante la Patria nei nostri confronti fu matrigna, gli esuli lstriani, Fiumani e Dalmati mai vennero meno ad amarla, tenendo sempre alto il Tricolore; pensate che nel maggio 1955, nelle caserme di Gaeta le famiglie degli esuli vivevano ancora separati una dall'altra con delle coperte sostenute da una corda. Mi sia consentito una presunzione. Noi profughi Istriani, Fiumani e Dalmati dimostrammo il nostro amor di Patria, che fu più di un plebiscito, decidendo in 3S0mila di andare esuli raminghi in Italia e nel mondo, dichiarandoci orgogliosamente Italiani; e se ancor oggi associazioni, partiti e centri vari negano Foibe ed esodo, noi continuiamo pedissequamente a dichiararci Italiani dell'lstria, di Fiume e della Dalmazia. C'è anche il dimenticato orgoglio nazionale, quello che venne alla luce del sole da parte dei cittadini di Trieste il 26 ottobre 1954 che vide il ritorno della città alI'ltaIia dopo i terribili 40 giorni di occupazione jugoslava e 9 anni di occupazione angloamericana. Un tripudio di Tricolori. Oggi quei Tricolori giacciono nei cassetti. Troppe le disillusioni dovute a politiche del “volemose bene” ma pronte a garrire, se ce ne fosse bisogno, per difendere la Patria. Una settimana fa mi sono imbattuto in una realtà che non conoscevo: i Marinai Motociclisti. Il sodalizio è nato in Accademia Navale di Livorno per iniziativa di un gruppo di militari in congedo della Marina Militare con Io scopo di riunire in un unico gruppo Marinai in servizio e non e appartenenti alle altre Forze Armate e delI’Ordine accomunati dall’amore per il mare e la passione per le moto ed il motociclismo.
Questa realtà utilizza il logo del "motociclista" categoria della Marina Militare non più in uso.
Ovunque decidano di andare hanno uno scopo preciso collegato alla Storia nazionale, visitare città e paesi dove le vicissitudini belliche hanno lasciato il segno. Fedeli alla Bandiera, li troviamo al XXI Raduno ANMI a Pisa con il loro striscione, a Pietrasanta per la benedizione delle moto e nell'emozionante esperienza vissuta da Aquileia a Roma, ripercorrendo il tragitto dal “Treno delI’Eroe” nel centenario della traslazione della Salma del Milite Ignoto. Le loro gite storico-culturali rappresentano anche l'orgoglio dell'appartenenza alla Marina Militare, la gratificazione del dovere compiuto, lo spirito di Corpo che unisce i militari in servizio e quelli in congedo, ma tutti accomunati da un solo scopo: l'Amor di Patria ed è per questo che nei giorni 11/13 ottobre sono partiti da Cinquale (Massa Carrara)per Rimini per ricordare gli 80 anni delle battaglie sulla Linea Gotica. Di questo Gruppo fa parte anche il qui presente C.A. Maurizio Bonora: Onore al merito! Concludo citando un pensiero, non so chi l'abbia scritto, ma Io trovo quanto mai attuale. “Ho sempre creduto che chi nasce italiano lo rimane per sempre e dovunque il destino lo porti a vivere. Il mio augurio e dunque che per ciascun italiano, fuori o dentro i confini della nostra Patria, il libro “Cuore” sia una piacevole occasione di riscoperta e ricongiungimento con quel passato ove risiedono le nostre radici, ma anche un monito a non mortificare, nel nome di falsi idoli, lo spirito di sacrificio, la dedizione e I ‘altruismo, categorie eterne dell’animo Italiano.”
Rimini, 4 novembre 2024
dell’Unione degli lstriani - Libera Provincia dell’Istria in Esilio.