“CORDA FRATRES”
                                                  Usque tandem?

“Corda Fratres”? Cuori fratelli? Al netto delle riserve su alcuni aspetti dell'organizzazione, i Giochi Olimpici di Parigi lo hanno affermato, centotrent'anni dopo la riunione che il 23 giugno 1894 deliberò a Parigi il varo delle Olimpiadi dei tempi nostri. Il suo demiurgo, Charles Pierre de Frédy, barone di Coubertin (Parigi, 1863-Ginevra, 1937), due anni prima aveva perorato alla Sorbona il primato dello sport come dilettantismo. Pedagogista, scrittore, autore di una Storia universale in quattro volumi, non ebbe successo immediato. Come tutti i principali Stati del tempo, la Francia era divisa tra utopisti, colmi di speranze, e scettici, diffidenti verso ogni novità. Era “pilarizzata” in sette che si combattevano da secoli. L'occhio della dirigenza dell'epoca era fisso sulla linea blu dell'orizzonte: la riconquista dell'Alsazia e della Lorena, ceduta alla Germania dopo la rovinosa guerra del 1870-1871. Nel suo corso la storia parve scappare di mano a capi di Stato e corpi diplomatici. Il conflitto mostrò di che cosa era capace la macchina bellica e le sue ripercussioni politiche e sociali. Con la “Comune” la Rivoluzione assunse il volto della Medusa anarco-comunista. Per la seconda volta in poco più di vent'anni venne ucciso l'arcivescovo di Parigi..    Da allora per quasi mezzo secolo la conflagrazione generale rimase incombente. Non si sapeva quando sarebbe esplosa, ma molti erano rassegnati all'idea che fosse inevitabile. Per scatenarla, però, occorreva una “giustificazione” che non fosse mero pretesto. Anche le decisioni più ciniche e sfrontate andavano avvolte nella bambagia delle buone maniere. Il detonatore fu l'assassinio dell'Arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo a Sarajevo il 28 giugno 1914. In pochi giorni, governata da sonnambuli, l'Europa precipitò nella fornace della Grande Guerra. Senza quegli spari, chissà? La storia non è rettilinea e meno ancora è un cammino verso l'alto. Procede a segmenti. A strappi.Va come la “povera foglia frale”. 

Studenti affratellati oggi, nemici spietati poi?

Eppure negli ultimi anni dell'Ottocento sembrava che la Ragione fosse al potere. La diplomazia cercava di sciogliere ogni crisi bi- o multilaterale anche con l'arbitrato internazionale, inclusa l'istituzione della Corte dell'Aja, che a molti parve il toccasana. Per quasi mezzo secolo chi ne aveva la possibilità poteva circolare per l'intera Europa senza neppure il “passaporto” poi obbligatorio. Nasceva in nuce una comunità internazionale, che in breve si concretò nell’organizzazione delle Olimpiadi moderne, nella moltiplicazione delle lingue universali (l'esperanto è solo la più nota e tuttora praticata, il logico-matematico cuneese Giuseppe Peano dedicò decenni all'invenzione del “latino sine flexione” ), in una miriade di associazioni “per la pace” e nelle Esposizioni Universali. Quella di Parigi del 1900 non fu solo la vetrina della produzione e degli scambi commerciali, ma anche occasione di convegni scientifici. Vi si affacciò Bertrand Russell. Dal 1901 vennero conferiti i premi istituiti da Bernhard Nobel per chimica, fisica,  medicina e fisiatria, letteratura e per i promotori di pace. Le “scienze esatte” usavano da sempre cifrari universal. Il Nobel per la letteratura incoraggiò le traduzioni e la diffusione del messaggio che gli autori delle terre più disparate lanciavano all'umanità intera. Nel 1902 esso fu assegnato a Theodor Mommsen, massimo storico dell'antichità. Un successivo a Mistral. Il quinto e il sesto ai massoni Giosue Carducci e Rudyard Kipling. I premi Nobel per la pace furono conferiti a Henri Dunant, fondatore della Croce rossa internazionale, all'Istituto di diritto internazionale di Gand, al presidente degli USA Theodor Roosevelt e all'italiano Ernesto Moneta. Ribadirono che il mondo veleggiava verso la pace perpetua vaticinata da Immanuel Kant e cantata dal coro della nona sinfonia di Ludwig van Beethoven ispirata dall'Inno alla Gioia di Shiller.   Insomma, tutto andava per il meglio. Il progresso scientifico visse un'accelerazione senza precedenti anche grazie allo scambio tra ricercatori e le rispettive istituzioni di riferimento: accademie, università, circoli e sodalizi che si collocavano al di fuori (se non al di sopra) dei governi. Ne beneficiarono anche gli studenti universitari, che organizzarono associazioni all'interno dei singoli Stati e congressi sovranazionali. Proprio i giovani capirono che l'Europa era al bivio. Toccava a loro promuovere la pace. Quell'urgenza venne sentita soprattutto dagli studenti che nel corso degli studi viaggiavano oltre confine, vivevano in una dimensione di fratellanza con i loro coetanei. Non avevano scelta. O riuscivano a fermare per tempo la corsa alle armi oppure un giorno si sarebbero trovati a comandare reparti dei rispettivi Stati tenuti a sterminarsi a vicenda, come poi accadde nella nuova Guerra dei Trent'anni dal 1914 al 1945.    Negli stessi anni il mondo fu più volte sull'orlo del conflitto generale. Mentre nel 1898 la gara coloniale tra Francia e Gran Bretagna arrivò a Fashoda a un passo dalla guerra, con le “rivoluzioni” di Cuba e nelle Filippine gli Stati Uniti sottrassero alla Spagna il poco che rimaneva dell'antico impero coloniale sul quale il sole non tramontava mai. Poi inglesi e russi si contesero il passo di Kabul, “ombelico del mondo”. Nel 1905 i giapponesi sconfissero la flotta russa a Tsushima. Era il “pericolo giallo”. La guerra, dunque, dilagava. Ma lontano dall'Europa. Così si pensava di esorcizzarla.    

1898: la fondazione della Federazione Internazionale degli Studenti

     In quel clima denso di contraddizioni, il 12-15 novembre 1898 si svolse a Torino il I Congresso della Federazione Internazionale degli Studenti “Corda Fratres”, promosso dal ventottenne Efisio Giglio-Tos (Chiaverano, Torino, 2 gennaio 1870 - Torino, 6 gennaio 1941), autodidatta geniale e  plurilaureato. Era stato indetto per festeggiare il 50° dello Statuto promulgato il 4 marzo 1848 da Carlo Alberto di Sardegna e rinviato a luglio per le drammatiche agitazioni in corso nel Paese, soprattutto in Lombardia e Toscana. Ebbe il sostegno del ministro della Pubblica istruzione Emilio Gianturco. Anche grazie al sussidio governativo, il suo promotore stampò e diramò inviti e programmi a 1200 giornali e a 2000 istituzioni in Italia e in ogni continente. Spedì 50.000 circolari a sedi universitarie di tutto il mondo. L'iniziativa ebbe l'adesione del Re, Umberto I, dei ministri degli Esteri, del Tesoro, dell'Istruzione, di celebrità dell'arte e delle scienze quali Giuseppe Verdi e Arrigo Boito, di ambasciatori, docenti universitari italiani e stranieri e dell’influente Ligue des femmes pour le Désarmement international di Parigi.    Il Congresso fondativo fu imponente e complesso. Fece da baccello a crisalidi pronte a volare. L'organigramma della Federazione era stato definito prima dei lavori. Accanto a Giglio-Tos, presidente, sedettero il belga Adolphe Foucart, il francese Victor Marcombes, l'olandese H.E. Greves, l'ungherese Rodolph Ludwig, lo svizzero Edouard Chapuisat, Lucian Bolcas per la Romania e Cesare Piccoli, un  trentino e quindi “irredento”, per l'Italia. Gran Bretagna, Argentina e la Repubblica Mayor de Centro America si fecero rappresentare. Anche l'“Austria” presenziò, ma solo tramite un italofono allievo della militare Scuola di Applicazione di Torino. Grandi assenti furono la Germania, gli Stati dell'Europa settentrionale, la Russia e, ça va sans dire, l'impero turco-ottomano.      Su proposta di Giglio-Tos il Congresso deliberò l'adozione del francese quale lingua ufficiale, perché era “la plus universellement entendue” dai cordafratrini che si dettero appuntamento a Roma per le 17 di venerdì 25 novembre. Come da programma, la maggior parte dei partecipanti fece tappa a Genova e a Pisa, ove furono celebrati riti festosi. All'ora convenuta i congressisti si raccolsero nel Foro Romano presso la Colonna di Foca, mai sommersa dalla polvere neppure nei secoli di più squallida decadenza della Città Eterna. Dopo discorsi di Giovanni Gizzi, autore del celebre Inno degli studenti, e di Cavazza (che parlò in latino), fu solennemente proclamata la fondazione della “Corda Fratres. Federazione Internazionale (anziché Universale) degli Studenti”, “grande lega della gioventù colta che un giorno sarà chiamata a governare i destini delle Nazioni”, animata dal proposito dell'“affratellamento di tutti i popoli in un comune intento di libertà, di uguaglianza e di progresso”.    L'entusiasmo del promotore dovette però fare i conti con l'amara realtà degli universitari italiani, ancora appena poche migliaia, soprattutto privilegiati, aristocratici e borghesi, “discordi quasi sempre quando si tratta di cose utili, uniti per fare pagliacciate” come a Giglio-Tos scrisse Ferruccio Framuzzoni da Padova il 22 luglio 1898. E, va ricordato, contava pochissime studentesse, guardate con sospettosa ironia in molte Facoltà, a cominciare da Medicina e Chirurgia. Invece da Bucarest Jon Popescu (affiliato alla loggia massonica “Coroana-Romanici”, all'obbedienza del Grande Oriente d'Italia) promise il suo impegno per rinsaldare i “vincoli di sangue e lingua” che legavano “ognora la Romania con l'Italia”.    Più volte sollecitato da Giglio-Tos, nel gennaio 1902 il massone Giovanni Pascoli datò da Messina l'Inno della Corda Fratres, in latino: “Noi, gioventù divisa da terra e da mare, da religioni e da leggi, siamo lontani e vicini, assenti e presenti; non simili tra noi di faccia e di lingua e di schiatta, ma di cuore… fratelli”. Era l'identico spirito dei nuovi Giochi Olimpici e dell'“Erasmo” tuttora fiorente. 

A Parigi!

Scopo principale della Federazione era proteggere e favorire l'idea di solidarietà e di fraternità tra gli studenti, mettere gli universitari dei diversi Paesi in contatto reciproco nel solco di Erasmo da Rotterdam. L'articolo V dello Statuto, proposto dal francese Paul Tissier, impresse il timbro “politico”: la Federazione si proponeva di assecondare con tutti i mezzi l'opera della pace e l'arbitrato tra le nazioni. Il varo definitivo della Federazione avvenne col Congresso di Parigi del 3-12 agosto 1900, indetto in coincidenza con l'Esposizione Universale, che favorì l'afflusso grazie agli speciali sconti sul trasporto ferroviario e all'ampia ricettività della Ville Lumière. Vi parteciparono 109 delegazioni da 91 Università di 18 Paesi, Ben 664 delegati su 888 arrivarono a Parigi dall'estero: Belgio, Olanda, Danimarca, Spagna, Grecia, Ungheria, Svizzera, Svezia, Portogallo e persino dalla Russia. L'Italia presenziò con 45 delegati di 19 Atenei. Il Congresso segnò il trionfo dell'idea originaria del presidente-fondatore, ma con una curvatura filofrancese. La Federazione riconobbe una sezione di polacchi e una “sezione speciale”, formata da ebrei dei diversi Paesi. Era l'avanguardia della storia. La Corda Fratres vaticinò l'indipendenza dei popoli senza stato. Non, però, per attizzare nuove contrapposizioni, ma per fonderle insieme nell'“Internazionale Azzurra”, contrapposta a quella “rossa” dei socialisti rivoluzionari e alle due “nere”: gli anarchici da un canto e i clericali ultrapapisti dall'altro. Anche de Coubertin, cattolico sposato con una protestante, guardò con simpatia la Corda Fratres per due motivi: quei giovani proponevano l'attività sportiva come complemento indispensabile della formazione giovanile (mens sana in corpore sano) e consideravano maschi e femmine uguali nei diritti.   Ogni Sezione nazionale della Federazione Internazionale si dette i propri strumenti normativi e prese la propria strada.   

Cuori fratelli tra squadra e compasso 

   Nel congresso di Roma (1903) la sezione italiana elesse presidente Angelo Fortunato Formiggini (1878- 1938). Ebreo secolarizzato, questi fu un protagonista della vita culturale del primo trentennio del Novecento. Ebbe un solo bersaglio polemico, Giovanni Gentile, sa lui bollato “ficozza filosofica del fascismo”. Interventista intervenuto, si valse della collaborazione della sua “diligente segretaria in gonnella”, la pedagogista Emilia Santamaria, che, prima e dopo esserne sposata, esercitò su di lui notevole influenza, anche nella valorizzazione dell'opera intellettuale femminile, oltre i pregiudizi ancora prevalenti anche nei ceti medio-alti della società italiana. Formiggini impresse una svolta militante alla Corda Fratres. Il 23 febbraio 1903 firmò la richiesta di iniziazione nella loggia massonica romana “Lira e Spada”. Ebbe il brevetto 14.412 della “matricola” del Grande Oriente d'Italia. Il suo “testamento massonico”, conservato alla Biblioteca Estense di Modena, è paradigmatico per comprendere la missione da lui affidata alla Federazione studentesca e in specie alla sezione italiana: affiancare il “Libero Pensiero” che tenne il suo congresso mondiale a Roma nel settembre 1904. Merita un ritratto a sé stante. A differenza di quanto sostiene Emilio Gentile in “Ascesa e declino dell'Europa nel mondo, 1898-1918”, quei giovani avevano chiaro che il Vecchio Continente era decrepito. Conoscevano bene l'America. Giglio-Tos ne era stato analiticamente informato da Mario Capuccio (la loro corrispondenza meriterebbe un volume).    La Federazione Internazionale proseguì il suo cammino con i Congressi, sino a quello di Roma, in coincidenza con le feste del Cinquantenario del regno (1911), e a quello, particolarmente emblematico, di Ithaca (New York), dal 29 agosto al 20 settembre 1913). In quell'occasione i cordafratrini furono ricevuti dal segretario di Stato William Jennings Bryan (11 settembre) ed ebbero il viatico personale del presidente degli USA, Woodrow Wilson.   Fondata l'associazione “Terza Italia” a Caprera nel centenario della nascita di Garibaldi (1907), nel 1914 Giglio-Tos ebbe parte precipua nella promozione dell'intervento dell'Italia nella Grande Guerra a fianco dell'Intesa. Il patriottismo, che non significa affatto nazionalismo, divenne il nuovo volto del pacifismo: “Delenda Austria!”. Nel 1918 celebrò in Campidoglio, a Roma, la “fratellanza tra i popoli oppressi”, suggellata dal motto Pax in iure Gentium, prendendo le distanze dagli scopi imperialistici impressi da parte del governo alla “guerra italiana”, all'opposto della Società delle Nazioni proposta a conclusione del Congresso parigino delle massonerie dei paesi alleati e neutrali (28-30 giugno 1917), orientato a subordinare la demarcazione dei confini statuali a referendum  nelle zone mistilingue (Alto Adige, Goriziano, Istria...).    Nel dopoguerra la sezione italiana della Corda Fratres tenne ancora Congressi a Roma (6 marzo 1922 e novembre 1924). Però la famiglia cordafratrina risultò ormai divisa tra militanti antifascisti e quanti, al seguito del fondatore, intendevano tenerla rigorosamente al di fuori delle lotte partitiche. Fu il caso di Leonardo Pannella (padre del radicale Giacinto, detto Marco) contrapposto a Giuseppe Ganino (consolato di Napoli), antifascista attivo. Il 6 giugno 1927 Giglio-Tos comunicò al capo della Polizia, Arturo Bocchini, l'avvenuto scioglimento della Corda Fratres e chiese che fossero esperite indagini per recuperare e restituirgli il Gonfalone del sodalizio, andato smarrito tra l'uno e l'altro Congresso. Ben altro si era perduto per strada. Formiggini, “filosofo del ridere”, si gettò dall'alto della torre Ghirlandina per protesta contro le leggi razziali. Giglio-Tos si spense mentre in Europa divampava una nuova guerra generale, in una Torino che già viveva le corse affannate verso i rifugi sotto i bombardamenti aerei.  

Una strada in salita 

       La Corda Fratres che si riaffacciò in Italia dopo il 1943 ebbe altra storia. All'indomani della catastrofe e nella divisione del mondo in blocchi contrapposti, la “goliardia” stentò a ritrovare l'antica missione. Non tutto, però, era dimenticato e perduto. L'Associazione universitaria torinese aveva per motto: “Ciò che fu torna e tornerà nei secoli”. Alla rinascita la Corda Fratres ebbe il sostegno di Vittorio Emanuele Orlando, di Alberto Cianca, esponente del partito d'azione, e di Guido Calogero, il filosofo del dialogo. Però le forze per risalire la china presto si esaurirono. Nondimeno nel 1949 vennero banditi due serie di concorsi per arti figurative, cori giovanili, inchieste, cronaca, composizione poetica, lavori teatrali, soggetti cinematografici, composizioni musicali, illustrazione del “Raccontafiabe” di Luigi Capuana e del “Sentiero dei nidi di ragno” di Italo Cavino, monografie su ricerca scientifica e tecnologica, problema delle abitazioni e contributo allo studio della storia della gioventù italiana dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1945. Il Comitato promotore di quella “Olimpiade della Gioventù” comprese l'intero arco della cultura italiana da Sibilla Aleramo, Corrado Alvaro, Vittorio De Sica, Giulio Einaudi,  Carlo Levi, Alberto Mondadori a Salvatore Quasimodo, Leonida Repaci, Giorgio Strehler, Trilussa, Giuseppe Ungaretti, Cesare Zavattini, la CGIL, l'Accademia di Santa Cecilia, l'YMCA e un folto numero di case editrici e di riviste. Bisognava aiutare i giovani a “rompere l'isolamento in cui vivono” e “assicurare alle nuove forze della cultura italiana la possibilità di una piena espressione” nella ritrovata apertura internazionale dopo gli anni del regime di partito unico.        “Corda Fratres” dunque. Ma “...usque tandem”? I nazionalismi, i miopi sovranismi e i fanatismi religiosi tornano a farla da padroni. Le nubi della Terza guerra mondiale “a pezzetti”, da un decennio stigmatizzata da papa Francesco, si condensano nell'uragano incombente sull'“aiola che ci fa tanto feroci”. 

Aldo A. Mola 

DIDASCALIA : La storia della Corda Fratres è stata pubblicata dalla Clueb (Bologna, 1999) con prefazione di Fabio Roversi Monaco, Rettore della bolognese Alma Mater Studiorum, e il supporto del Centro interuniversitario per la storia delle Università italiane. Scritto sulla scorta di ricerche archivistiche in fondi pubblici e privati, il volume si vale delle Carte messe a disposizione dall'architetto torinese Marco Albera, mecenatesco collezionista e storico. La copertina ritrae la molto “fraterna” stretta di mano tra due studenti universitari di Paesi per secoli “nemici”, finalmente accomunati in una visione superiore della Storia.