Governo o comitato di salute pubblica? Emergenza: da sanitaria a istituzionale. Dall'editoriale del Giornale del Piemonte, pubblicato il 28 aprile 2020.
Da sanitaria l' “emergenza Italia” diviene politica e, quindi, istituzionale.
Lo sapevamo i latini: “Quos deus vult perdere dementat prius....! Privo di comprovata maggioranza nel Paese il governo è diviso su tutto. Invece di mediare e sintetizzare il presidente del Consiglio, Conte, si sottrae al Parlamento ed esaspera i contrasti con l'ormai esagerata pioggia di decreti auto-prodotti e auto-elogiati. La realtà dei fatti è però diversa da come egli se la dipinge e la narra a reti unificate. Lo si è veduto in questi giorni: non era mai accaduto che un presidente del Consiglio dovesse “interpretarsi”, correggersi, smentirsi e promettere modifiche sostanziali poche ore dopo aver emesso uno dei suoi tanti editti. Quello di domenica 26, come ormai di consueto pomposamente annunciato e tuttora in attesa di ordinanze applicative, è stato travolto da un coro di proteste, che questa volta non hanno neanche atteso il solito “placet” di costituzionalisti, inclusi certi “giacobini miti”.
Messo alle corde, Conte è stato costretto a spiegare che per “congiunti” non voleva dire “coniugi certificati” (dallo Stato o dalle chiese) ma legati da “affetti stabili”. Adesso dovrà precisare dopo quanti anni, mesi o giorni e dopo quali atti (puri o meno) l'affetto diviene “stabile”. Stessa marcia indietro ha dovuto precipitosamente fare sulla celebrazione delle messe. Non v'è bisogno di essere cristiani praticanti per ricordare i Cappellani militari. La sacralità della Messa non sta nell'“edificio” ma nell'assemblea dei fedeli che assiste alla consacrazione delle specie e nel banchetto eucaristico. La difesa della libertà della sua celebrazione attorno a un “altare da campo” contiene in sé quella di tutti i culti (e anche di speciali riunioni fraterne attorno a un tappeto a quadri bianchi e neri, con i pochi attrezzi dell'Arte Regale e il Libro).
Vi sono limiti oltre i quali l'autorità di polizia (in tutte le sue vesti) si deve fermare. Vi sono libertà non negoziabili, che vanno difese dall' intrusione di gabellieri giunti a multare una madre perché andava con le figlie a pregare in chiesa: il suo proposito non rientrava fra gli “stati di necessità” previsti dai decreti Conte. Dinnanzi a tali enormità va aggiornato il motto di Camillo Cavour: “Libera messa in libero Stato”. Chi vuol essere libero di non osservare alcun culto deve difendere il diritto di chi invece vuole praticarne, nei limiti consentiti dalla Costituzione, e non si rassegna a identificare la celebrazione reale della messa con la sua teletrasmissione: conforto ma non rito.
Allo stesso modo, la teledidattica non è la Scuola: una montagna gigantesca, questa, accuratamente elusa dal nuovo Decreto Conte, che ignora tutte le problematiche connesse alla chiusura per sei mesi delle scuole di ogni ordine e grado, e nei fatti, mette i genitori al bivio drammatico: andare al lavoro (chi ancora può!) rischiando la denuncia per abbandono di minori, oppure occuparsene rinunciando a posto e stipendio.
La condotta del governo evoca lo spettro del giacobino Comitato di salute pubblica che, per rafforzarsi, inventò il nemico, la Vandea, e l'annientò. Con v'è motivo di condividere l'orgoglio del ministro dell'Interno, prefetto Lamorgese, che vanta l'esecuzione di 10 milioni e più di controlli e di una caterva di multe per trasgressione di divieti spesso irrazionali e opinabili, come verrà dimostrato in giudizio sui ricorsi. Saremmo più lieti di apprendere che, a tre mesi dalla dichiarazione dello stato di emergenza (31 gennaio 2020), il governo è in grado di assicurare mascherine, tute, tamponi, respiratori e assistenza sanitaria a chi ne ha urgente bisogno.
Con i suoi reiterati decreti Conte elude il Parlamento e sovraespone il Quirinale, dal quale fu due volte nominato presidente del Consiglio, sempre in situazioni “di emergenza”. Dunque tempo è venuto che le Camere riprendano a funzionare a pieno regime. Quello è il vero punto di “ripartenza”: tornare alla politica dopo il prolungato primato di “esperti” e di “costituzionalisti” (da buon conoscitore del mondo politico, Vittorio Emanuele III osservò che il Potere trova sempre qualche costituzionalista pronto a dargli ragione).
Prima del 3 maggio prossimo vanno riconquistate due libertà fondamentali: la circolazione dei cittadini tra regioni confinanti, a cominciare da Piemonte e Liguria (la cui unità è scritta nella testata di questo quotidiano); e il trasferimento delle famiglie, in tutto o in parte, nelle demonizzate “seconde case” anche al di fuori della regione di residenza, domicilio o dimora, tanto più dinnanzi al rinvio dell'anno scolastico a settembre o, più realisticamente, a ottobre.
Anziché trattarli da sudditi, vessati da gabellieri inclini a sfogare l'oscuro “piacere della divisa”, governo e amministrazioni locali devono far leva sul senso civico dei cittadini, sino a oggi risultato superiore a ogni attesa. Il tempo sta per scadere e gli italiani non sono disposti a subire altre misure emergenziali da un “potere” che dice e si contraddice e snocciola promesse e vanterie.Chiedono verità e fatti concreti.
Aldo A. MOLA
Foto di copertina: Giuseppe Conte da https://www.huffingtonpost.it/entry/giuseppe-conte-la-manovra-realizziamo-il-piu-grande-taglio-di-tasse-degli-ultimi-tempi_it_5dd3f174e4b082dae8142410