Come già detto più volte, il nostro Circolo non condivide totalmente il pensiero del giurista cattolico D'Agostino: in particolare, la condanna, di matrice guelfa, del Risorgimento, che per noi è e resta una fase fondamentale della nostra storia, un'epoca che, seppur tra luci ed ombre, consentì all'Italia di raggiungere la sua unità geo-politica, coronandone l'identità spirituale e culturale (preesistente da secoli). Tuttavia, ammiriamo le molteplici riflessioni politiche e socio-economiche di questo grande ed integerrimo avvocato che, fedele alla Tradizione cattolica ed alla monarchia sabauda, si discosta dal classico tradizionalismo anti-sabaudo, elaborando una posizione originale e molto interessante.
Il rientro in Italia delle spoglie mortali del re Vittorio Emanuele III di Savoia e della consorte regina Elena ha suscitato vivaci polemiche ampiamente riprese da stampa e altri media. Polemiche che hanno coinvolto lo stesso mondo cattolico fedele alla Tradizione.
La sepoltura del Re Soldato e della regina Elena nella cappella di San Bernardo del santuario sabaudo di Vicoforte ha così offerto occasione per un rinnovato interrogarsi, in casa cattolica, sulla legittimità dello Stato italiano di cui Vittorio Emanuele III fu il monarca per quarantasei anni.
Un simile interrogarsi porta con sé la necessità d’una valutazione cattolica del Risorgimento, di pensare la Questione Romana e la sua soluzione con i Patti Lateranensi, rimette al centro l’idea di legittimità come classicamente compresa.
Per il cattolicesimo la potestà politica non è un puro potere, è invece autorità moralmente qualificata che rimanda ad un ordine di giustizia oggettivo e perenne, è autorità che viene da Dio e a Dio deve rispondere. Ecco la grande questione della legittimità della potestà politica.
Tradizionalmente la teologia cattolica ha distinto due ordini di legittimità, uno facente riferimento all’origine della potestà e l’altro all’esercizio di questa potestà. Vi è dunque una legittimità d’origine e una legittimità d’esercizio. Casa Savoia è una plurisecolare dinastia cattolica, ma il regno dei Savoia sull’Italia fa problema sia quanto all’origine che quanto all’esercizio, essendo nato con le rivoluzioni e le usurpazioni risorgimentali ed essendosi poi dato in un regime liberale laicista e anticlericale.
Per offrire un contributo di chiarezza sulla questione ci sembra utile ricordare la lezione d’un giurista e politico cattolico del ‘900 luminoso nella sua fedeltà intransigente alla Dottrina sociale della Chiesa: l’avvocato Carlo Francesco D’Agostino, pretore onorario di Roma, fondatore nel 1943 e presidente del Centro Politico Italiano (organizzazione nata clandestina nell’Urbe sotto occupazione tedesca che raccoglieva alti ufficiali, giuristi, aristocratici, uomini di Corte, diplomatici, etc. uniti dall’impegno per la restaurazione dell’Italia cattolica), fondatore e direttore del giornale L’Alleanza Italiana, voce critica e libera del cattolicesimo politico dal ‘43 agli anni ‘90 del ‘900.
Carlo Francesco D’Agostino, da cattolico integrale, intese sempre il suo impegno politico come impegno etico, dunque vincolato ad un rigoroso principio di legittimità. Si interrogò allora e scrisse molto sulla legittimità dello Stato italiano, analizzò e giudicò, alla luce della 1/3 Dottrina cattolica, il processo risorgimentale, lo Stato unitario liberale, il Regime fascista, lo status del Regno d’Italia dopo i Patti del Laterano, la Repubblica Sociale Italiana e poi la Luogotenenza e il governo del CLN, il Referendum istituzionale del ‘46, la neonata Repubblica e la Costituzione del ‘48.
Il nostro autore riconosce il Risorgimento per ciò che è, una rivoluzione liberalmassonica, e parla di «avanzata della Rivoluzione neopagana» (C.F. D’Agostino, Il «mea culpa» della Dinastia di Savoia, ora in 23 quaderni non inclusi nelle precedenti Raccolte, Editrice L’Alleanza Italiana, Osnago s.i.d., p. 21), iniziata in Piemonte con la spogliazione dei plurisecolari diritti della Chiesa: il governo di Torino «adottò anzitutto libertà spregiudicata per lo Stato nei riguardi della Chiesa con le leggi restrittive e di spogliazione – antiecclesiastiche e perciò anticattoliche – emanate ben prima che qualsiasi pretesto potesse essere tratto dalla questione del presunto ostacolo che il Papato potesse rappresentare per l’unificazione d’Italia» (Idem, Per un’Italia da ricostruire: Savoia ed il Re, Editrice L’Alleanza Italiana, Osnago s.i.d., p. 17). Scrive della «empietà della politica di Cavour, diciamo meglio, della politica dei Re Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II» (ivi, p. 20) e delle «aggressioni gabellate come Guerre di Indipendenza» (Idem, Cattolicesimo per l’Italia 2°, Editrice L’Alleanza Italiana, Osnago s.i.d., p. 18).
Il giudizio è netto: il Risorgimento è rivoluzione, le guerre d’indipendenza aggressioni, il nuovo Regno illegittimo perché nato dall’usurpazione e secondo una ratio massonica anticristiana. D’Agostino sottolinea come «l’estensione della sovranità sabauda su nuovi territori portava con sé il dilagare della immoralità e della irreligione» (C.F. D’Agostino, Il «mea culpa» della Dinastia di Savoia, ora in 23 quaderni non inclusi nelle precedenti Raccolte, Editrice L’Alleanza Italiana, Osnago s.i.d., p. 21). Concludeva D’Agostino che «il Regno d’Italia, in diritto, non esisteva […] più di quanto, dopo il 1943, esistesse in via di diritto la Repubblica Sociale Italiana» (Idem, Sua Maestà Vittorio Emanuele III Re martire. Il più grande italiano di questo secolo, Editrice L’Alleanza Italiana, Osnago s.i.d., p. 36), i monarchi e i governanti dello Stato italiano non erano altro che «esercenti illegittimi del potere di fatto» (ibidem).
Il giudizio del D’Agostino sulla illegittimità del Regno d’Italia è il medesimo della Santa Sede. D’Agostino rifiuta l’argomento dell’amico Petitto che riconosceva i Savoia re d’Italia e riconosce i diritti usurpati delle Antiche Dinastie italiche e, ancor più, l’imprescrittibile diritto del Romano Pontefice al proprio regno temporale.
Però, secondo il nostro autore, con i Patti del Laterano lo status del Regno d’Italia muta, in ragione del riconoscimento ottenuto dal Vicario di Cristo. Per D’Agostino fu Vittorio Emanuele III il primo re (legittimo) d’Italia essendo Vittorio Emanuele II, Umberto I e lo stesso Vittorio Emanuele III sino al ‘29 non re legittimi ma usurpatori. Con i Patti Lateranensi i «Romani Pontefici, definitivamente, legittimarono la Sovranità della Dinastia Sabauda» (C. Odder, Ritrattazioni di un Vescovo, in C.F. D’Agostino, 23 quaderni non inclusi nelle precedenti Raccolte, Editrice L’Alleanza Italiana, Osnago s.i.d., p. 279).
I Patti Lateranensi legittimano il Regno dei Savoia quanto all’origine e quanto all’esercizio; quanto all’origine, perché il Vicario di Cristo riconosce Vittorio Emanuele III come re legittimo sui popoli e i territori che erano stati sottratti con la violenza allo Stato Pontificio (ad eccezione del piccolo territorio del Vaticano a soluzione della Questione Romana) e alle altre Case regnanti italiche sottoposte tutte alla suprema autorità del Papa; quanto all’esercizio, perché con quei Patti il Regno d’Italia si impegna ad abbandonare l’empietà liberal-rivoluzionaria e ad essere Stato confessionale cattolico ridando pieno vigore all’art. 1 dello Statuto albertino.
Ecco allora la grandezza di Vittorio Emanuele III che D’Agostino riconosce, essere il primo Re (legittimo) d’Italia, il Re dei Patti Lateranensi, il Re riconosciuto da Pio XI, il Re di un Regno d’Italia finalmente cattolico per solenne impegno. Carlo Francesco D’Agostino fu, proprio perché cattolico, fedele suddito di Vittorio Emanuele III e, dal 1946, di Umberto II, veri e legittimi Re d’Italia.
Secondo D’Agostino i Patti Lateranensi legittimano il regno di Vittorio Emanuele III, la legittima autorità regia di Umberto II non può essere scalfita da un referendum. Lucidissime le pagine che D’Agostino dedica a dimostrare l’illegittimità del Referendum istituzionale, della Repubblica italiana e della Costituzione ma questo richiederebbe un altro articolo. Basti ricordare che D’Agostino, proprio in nome della concezione cattolica del diritto, riconobbe Umberto II come legittimo Re d’Italia sino sua alla morte e affermò sempre essere la Repubblica un mero regime de facto senza alcuna legittimità.
17 gennaio 2018
Nicodemo GRABER
Da corrispondenzaromana.it/la-monarchia-sabauda-secondo-carlo-francesco-dagostino/