Erano tanti i forlivesi che, nei decenni a cavallo fra l’800 e il ‘900, si ritrovavano nelle numerose osterie sparse per il centro cittadino. Gianfranco Stella, nella pubblicazione “Quaderni Forlivesi” riferisce che all’epoca siffatti esercizi erano almeno una trentina.
“A s’avdem da Muslèn”. Erano tanti i forlivesi che, nei decenni a cavallo fra l’800 e il ‘900, si ritrovavano nelle numerose osterie sparse per il centro cittadino. Gianfranco Stella, nella pubblicazione “Quaderni Forlivesi” riferisce che all’epoca siffatti esercizi erano almeno una trentina: in tutti si poteva bere ottimo sangiovese e mangiare una piadina. Lungo la strada che univa i Borghi Cotogni e San Pietro spiccava l’Osteria di San Marco, ricordata ancora nel 1755: “Era l’antica stazione della posta, ove sostavano quelle caratteristiche diligenze guidate da postiglioni in livrea”. Stella continua così: “Tavoli, botti, frasche intrecciate indicavano che in un certo luogo c’era l’osteria; ma ben presto si aggiunsero le variopinte insegne con i nomi ed i simboli caratteristici, quali il Moro, la Pera, il Cocomero, il Bersagliere. Esse testimoniavano la presenza di un luogo caro, nel quale la vita si svolgeva per operai, anche borghesi, sfaccendati ed altri”. Una in particolare, collocata nell’attuale via Mameli, fece parlare di sé a lungo: l’Osteria del Teatro. “Tra un atto e l’altro – si legge in Quaderni Forlivesi – gli spettatori scendevano dal loggione a bere il quarto tradizionale, ma anche a scambiarsi le impressioni sullo spettacolo, e quindi dall’osteria uscivano concitati rimbrotti come espressioni d’entusiasmo per quel cantante o per quell’attrice”.
Nei giorni di mercato, il locale si riempiva di sensali che, usando il consueto bagaglio di accidenti ed esclamazioni colorite, convincevano i contraenti a stringersi la mano in segno di accordo: “Cul rott, l’oste bonario, ascoltava rigirando le braciole sulla graticola”. Fuori di Porta San Pietro, nel Piazzale Orsi Mangelli, isolata rispetto agli altri edifici, c’era Zabaiet: l’invito ricorrente ai passanti, già di prima mattina, era di assaggiare il suo vino, molto forte, adatto a stomaci e fegati adusi all’alcool. Sempre dalle parti della “Pôrta ‘d San Pir”, la barriera daziaria all’imbocco di corso Mazzini, annientata quasi completamente dal bombardamento anglo-americano del 19 maggio 1944, c’era un’altra osteria con alloggio ma dal nome indefinito: alcuni autori sostengono trattarsi del “Bersagliere”. Anche se l’ingresso principale era posto dirimpetto la Porta, il fabbricato con l’insegna si allungava su via Ravegnana. Gianfranco Stella, nei suoi “Quaderni Forlivesi” non ha dubbi: era l'osteria che il padre di Benito Mussolini, Alessandro, gestiva con la madre di Rachele Guidi, futura moglie del Duce. Una conferma autorevole della teoria di Stella viene dal libro di Vittorio Emiliani “Il fabbro di Predappio”: “L'ormai ex fabbro ha scelto di gestire, a Forlì, proprio un'osteria dove si può anche mangiare: si chiama Al Bersagliere e apre i suoi modesti locali fuori Porta San Pietro, dove spesso si riuniscono i carrettieri”.
E’ bene ricordare che, proprio nell’osteria di Porta San Pietro che Alessandro Mussolini gestiva con Anna Lombardi, la vedova madre di cinque figli cui l’uomo si era legato nel 1905 alla morte della consorte Rosa Maltoni, occorse un fatto singolare, citato in tutte le biografie di regime: Benito pretese e ottenne dal padre, sotto la minaccia di una pistola, la “figliastra” Rachele Guidi appena ventenne, come sposa. Siamo nel 1909 e le parole pronunciate dal futuro Capo del Governo fascista furono più o meno queste: “Il primo colpo è per lei, il secondo per me”. “Alessandro Mussolini – si legge su Wikipedia - sfibrato dal nuovo lavoro, in cui saltuariamente era aiutato dal primogenito, ma anche dal vizio del bere, morì il 19 novembre 1910, pochi giorni dopo aver compiuto 56 anni”. Per la cronaca, il Bar Bersagliere esiste tutt’ora, sempre in via Ravegnana ma al civico 198, all’altezza del piazzale Foro Boario, ed è gestito dalla signora Marisa, popolarissima fra i nottambuli forlivesi in quanto foriera di cappuccini e bomboloni caldi sin dalle prime ore del giorno.
Piero GHETTI