Recensione di Massimiliano Galbiati di un classico del celeberrimo filosofo e pensatore
Di fronte alla crescente crisi attuale dei valori spirituali, morali e politici, l’autore lancia un sano invito alla ribellione contemporanea, cercando nel contempo di indicare le basi per la ricostruzione di una realtà civile, disgregata dal materialismo. E’ auspicabile , che tale stimolo venga ben accolto tra coloro i quali hanno sempre avuto una visione “eroica” della vita, che considerano il fattore economico importante, ma non prevalente. Non a caso, fondamentali a tal proposito sono le pagine che riguardano la “demonia dell’economia”.
Il libro rivendica il carattere organico ed “anagogico” dello Stato, il valore profondo dell’auctoritas e della gerarchia, la Tradizione, il valore dell’idea politica, di una certa visione del mondo, che con altre parole, potremmo definire l’“eroicità aristocratica”.
Evola, padre dei veri tradizionalisti, è stato in grado di offrire, in termini molto pratici e chiari, risposte alle continue richieste di chiarimento che promanavano da alcuni gruppi di giovani di destra. Infatti costoro chiedevano lumi su quali principî dovessero improntare la loro azione politica in un mondo decadente e rivoluzionario, appunto un mondo di rovine. Scritto nel 1953, il testo è sempre attuale per gli insegnamenti di altissima qualità, che ancora oggi nel 2022 possiamo applicare. Amato dai ragazzi usciti dal secondo conflitto mondiale e da quelli che affrontavano nel 1968 la moltitudine schiamazzante rossa, oggi non ha perso nulla del suo antico splendore metapolitico.
Personalmente, mi ha molto colpito l’importanza della concezione evoliana dello Stato, inteso come entità che deve avere una spinta “metafisica” verso l’Alto, in grado soprattutto di contrastare le basse pulsioni dei cittadini. Tale organizzazione statale ha natura organica, per cui in esso gli abitanti sono raggruppati sulla base delle funzioni sociali svolte e al tempo stesso tutte le diverse attività sono coordinate verso un fine preciso, che si sostanzia nel bene comune. In secondo luogo, troviamo una critica serrata al totalitarismo, che secondo una bieca logica meccanicistica, nega le libertà all’homo faber.
Vi sono poi moltissimi altri temi quale, ad esempio, l’individuazione degli elementi della nostra storia passata, da cui bisognerebbe ripartire per una fattiva azione ricostruttrice. Sono, questi, punti di riferimento per la formazione di un tipo umano che vive la modernità, ma non l’accetta e non vuole farsi condizionare dalla stessa, non vuole cioè essere pecora tra pecore indifferenziate.
In uno scenario attuale o futuribile, potremmo chiederci se abbia senso riparlare dei concetti evoliani; la risposta è in generale postiva, per il semplice motivo che le rovine che Evola vedeva intorno a sé, purtroppo esistono ancora, non sono state eliminate. Se la posizione dell’autore è dunque estremamente chiara ed inequivocabile, altrettanto deve esserla quella di coloro che leggono questo libro: formulazione di principî, valori, linee principali che servano da punti di riferimento e indichino una direzione di marcia, per creare una Destra in senso ideale e spirituale.
Attualmente non esiste più una contrapposizione violenta antifascismo-fascismo come negli anni di piombo, tuttavia, come allora esistono “rovine” generate da edonismo dilagante, pensiero politicamente corretto, secolarizzazione, globalizzazione. In una società che per decenni ha cercato di cancellare radici e tradizioni, “Gli Uomini e le Rovine”, a parer mio, rivendica l’esigenza di un atteggiamento rivoluzionario-conservatore: rivoluzionario come negazione decisa dei falsi miti attuali e conservatore nel senso di recupero di quanto del passato possa ancora essere utile e valido.
I principî enunciati nel testo sul piano singolo e sul piano collettivo (il restare persona tra la massa, l’organicismo contro la statolatria, il dirigismo gerarchico) sono soltanto alcuni dei concetti da perseguire. Evola, ci insegna che occorre un fondo eroico al nostro interno, un certo “livello di tensione” come se fossimo in un campo di battaglia.
Un’opera scritta 69 anni fa può dunque offrirci molti spunti su cui meditare, anche in considerazione della pandemia che stiamo vivendo; indicazioni metastoriche da non dimenticare, anticipazioni su cui riflettere - rivalutazione del più puro Medioevo, supremazia della politica sull’economia, Europa Nazione contro lobbies di potere e mercati - , in buona sostanza, una precisa direzione di marcia da percorrere, per uscire dalla “palude terrapiattista”. Starà alle nuove generazioni (su questo ritengo che noi Monarchici dobbiamo essere un faro di riferimento) la decisione se nascondersi vigliaccamente tra le rovine moderne, oppure, come scritto da Evola, restare in piedi, al di sopra di esse.
Massimiliano GALBIATI