Siamo alle solite. "Fascismo e Monarchia" sono gli spettri che tornano periodicamente a infestate i sogni degli elettori italiani, costituendo la trappola in cui perennemente cade un destra troppo pavida e troppo preoccupata di piacere alle sinistre.
Quello che dispiace è l’eterogenesi dei fini. La sinistra, quando non ha più nulla da dire, priva di idee, programmi seri e classe dirigente degna di nota, prospettive certe, ricorre al fantasma del fascismo.
E non solo; comincia sempre, in vista degli incombenti appuntamenti elettorali, una campagna mediatica, culturale e politica, basata su un violento antifascismo militante, che non ha più senso, visto che il fascismo è morto e sepolto da un pezzo.
Però, evidentemente ancora riesce a unire i cittadini, anzi a spaventarli, a compattare partiti e leader, strutturalmente e geneticamente gli uni contro gli altri armati, e a spostare quel poco di consenso determinante per vincere. Segno di un bisogno psicologico di massa che rimane, pure di fronte al crollo delle ideologie e delle appartenenze.
E anche ora, il rischio che il centro-destra, a guida Fdi, possa vincere il prossimo 25 settembre, ha già scatenato la stessa demonizzazione scientifica.
Un tema noto e collaudato: si usa la storia, per meglio dire, l’ideologia della storia, come clava politica contro i “nemici”; si cancella la memoria del passato, sezionando il mondo in buoni e cattivi, in bene e male, e si fanno associazioni gratuite per dimostrare quanto gli “impresentabili” siano dei mostri.
Quando intorno alla Meloni cantavano vittoria, esultando per lo sdoganamento internazionale da parte dei poteri forti (in primis, i giornali americani), e qualche volta pure da parte del Pd, chi aveva un po’ di sale in zucca, ricordava la trappola: il mainstream usa un simbolo utile per colpire il vero nemico. E’ accaduto con Fini quando si trattava di buttare giù dalla torre Berlusconi. Una volta ottenuto lo scopo, infatti, i finiani sono finiti nel macero e nel dimenticatoio. E’ accaduto con la stessa Meloni in funzione anti-Salvini, e adesso che Fdi è in pole position, il fascismo è in gonnella.
Si è visto prima delle recenti amministrative, si sta già vedendo ora a 60 giorni dal voto nazionale.
Se leggiamo i titoli dei giornaloni, gli articoli dei commentatori di sinistra, primo tra tutti Michele Serra, c’è da impallidire, sulla quantità di razzismo sceso in campo.
Ma ciò che dispiace è quando un leader storico di Fdi replica lo schema.
Ossia, usa pure lui la storia per colpire un nemico in casa. Siccome ora la guerra intestina al centro-destra è sulla premiership, la parola d’ordine è bloccare la ipotizzata nomination di Antonio Tajani a probabile capo della coalizione. L’ennesima puntata di una guerra dentro il centro-destra, che sta vedendo da una parte, l’asse Salvini-Berlusconi proteso a trovare strumenti oggettivi che possano frenare l’avanzata della Meloni (la famosa assemblea degli eletti e il controllo dall’alto dei candidati che saranno scelti per la quota uninominale); e dall’altra, la Meloni che pensa di inchiodare i suoi amici-nemici con un patto anti-inciucio per evitare nuove tentazioni filo-Draghi-2, ribadendo in caso di non accordo su chi farà il capo del governo e il 50% dei seggi il non senso dell’alleanza.
E che ha fatto Fabio Rampelli? Ha bocciato Tajani dicendo che da giovane era monarchico. Come se ciò fosse un marchio di infamia, pari al fatto di aver natali o provenienze neo-fasciste (il Msi), come molti parlamentari di Fdi.
Ha fatto bene il principe Emanuele Filiberto a ricordare a Rampelli, la genesi della Destra nazionale voluta da Almirante (con i monarchici del Pdium), e di Alleanza nazionale, con personaggi del calibro del professor Fisichella, monarchico doc e non solo. E a ricordare le 10 monarchie europee che presiedono i destini dei popoli e delle nazioni che hanno raggiunto i migliori risultati in ordine all’unità nazionale, al progresso e alla stabilità istituzionale. Mentre molte repubbliche degenerano nel caos o nelle dittature.
Ultima osservazione: quando Fdi parla di patria e patriottismo, dovrebbe ricordare che l’Italia è stata fatta da Casa Savoia e che l’identità nazionale è costituita dal periodo monarchico (85 anni), dal periodo repubblicano (76 anni). Anche sui numeri vince la monarchia. E la risposta di Rampelli al principe, è stata corretta, ma ancora, purtroppo, con un pizzico di pregiudizio da 25 luglio o da 8 settembre.
Fabio TORRIERO