AUTONOMIA DIFFERENZIATA? MEGLIO FEDERALISMO NAZIONALE

L'editoriale di luglio-agosto MMXXIV.


C’era da aspettarselo. Come per ogni tradizione sinistra che si rispetti, è partita la corsa cieca al referendum al fine di abrogare la legge Calderoli sulla “autonomia differenziata” da poco pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. I soliti Sindacati fintamente agguerriti e un’Opposizione progressista sbiadita sono già sul piede di guerra e si stanno mobilitando promettendo di mettere a ferro e fuoco l’intera nazione.

In sostanza, che cosa comporta di tanto pernicioso questa legge? Il riconoscimento, da parte dello Stato, dell'attribuzione a una regione a statuto ordinario di autonomia legislativa sulle materie di competenza concorrente (i rapporti internazionali e con l'Unione europea, il commercio con l'estero, la tutela e sicurezza del lavoro, l'istruzione, le professioni, la ricerca scientifica e tecnologica, la tutela della salute, l'alimentazione, l'ordinamento sportivo, la protezione civile, il governo del territorio, i porti e gli aeroporti civili, le grandi reti di trasporto e di navigazione, la comunicazione, l'energia, la previdenza complementare e integrativa, il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, la cultura e l'ambiente, le casse di risparmio e gli enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale) e in tre casi di materie di competenza esclusiva dello Stato. Insieme alle competenze, le regioni potranno anche trattenere il gettito fiscale, che non sarebbe più distribuito su base nazionale a seconda delle necessità collettive.

Ora, noi che siamo sempre per una “terza via”, anche in questo caso vogliamo mantenerci “vergin di servo encomio e di codardo oltraggio” nei confronti dell’attuale governo e crediamo sia il caso di chiarire bene come dovrebbe svilupparsi una sana considerazione dell’argomento.

Se da una parte pensiamo sia d’obbligo smarcarsi dalle sterili e ipocrite critiche sinistre giallo-rosa, dall’altra vorremmo far riflettere gli uomini di governo che da poco hanno licenziato questa legge.

Che ci sia bisogno di una normativa che finalmente chiarisca i rapporti fra Stato e Regioni è indubbio. Che ci sia bisogno di uno Stato forte ma nel contempo minimo laddove occorra è giusto. Finora abbiamo solo avuto un forte centralismo assistenzialista, tassajolo, moralista e opprimente. E’ giunto il momento di chiudere, una volta per tutte, con un pachiderma istituzionale foraggiato da enti statali e parastatali, partecipate e provinciali, segretari, sottosegretari e sotto-sottosegretari. Ci fanno ridere le critiche provenienti da coloro che hanno sempre denigrato la Patria e che ora fingono, farisaicamente, di ergersi a paladini della Nazione sventolando in aula improbabili tricolori che fino al giorno prima avrebbero benissimo bruciato o sostituito con bandiere arcobalenate. Addirittura, si sente dire da parte di vetero-neoborbonici che questa legge metterebbe in crisi “l’unità d’Italia”… proprio così!!! Persone che fino a ieri non hanno perso occasione per sputare sul Risorgimento e hanno insopportabilmente vituperato i Savoia, oggi si riscoprono fautori del più becero “centralismo sabaudo”. L’ipocrisia di questi individui ci ripugna.

Finalmente è arrivata l’occasione per ridefinire le competenze dello Stato centrale, rendendolo più snello, più agile, quindi alleggerendolo. Finalmente l’occasione per responsabilizzare gli amministratori locali, molti di loro (ma, per fortuna non tutti) mascherati e coccolati grazie alla tessera politica, nonostante i tanti (troppi) errori, le tante (troppe) incompetenze, i tanti (troppi) illeciti, i tanti (troppi) sprechi di denaro pubblico. Chi oggi si batte, da sinistra, contro la legge Calderoli, fino a ieri applaudiva alla sciagurata decisione repubblicana del 1970 di istituire i consigli regionali, decisione che si ammantava di parole come “decentramento amministrativo” ma che in realtà voleva semplicemente ipertrofizzare le già tante clientele politico-mafiose che ammorbavano questa malnata repubblica (“le ragioni delle regioni” era il titolo di un numero del “Candido” che sulla prima riportava l’immagine di un’Italia coperta da tante poltrone). Ora, le Regioni, bene o male, le abbiamo: e allora cerchiamo di chiarirne le competenze e di farle crescere in maniera sana, piuttosto che rimpiangere (ripetiamo, farisaicamente) il centralismo post-unitario.

D’altra parte, tralasciando l'infelice definizione di "autonomia differenziata" (che rimanda piuttosto la "raccolta differenziata") vorremmo ricordare ai politici della cosiddetta “destra”, che ancora devono accordarsi sui “Lep” (“Livelli essenziali di prestazioni”, condicio sine qua non per la realizzazione di un sano federalismo) che quello di cui l’Italia ha bisogno è, soprattutto, un forte Stato, saldo nei suoi princìpi, energico, sovrano e, perché no, anche “etico”. Solo in questo modo, con un forte centro (non centralismo) lo Stato può superare le tentazioni oscure dello “statalismo” molle e indeciso ma invadente e può manifestare gentilianamente e schmittianamente tutta la luce della sua sovranità. Solo in questo modo, si può vagheggiare l’idea di uno Stato federale che non ha paura della sua storia, che è fiero della sua sacra Unità e del sangue e del sudore di coloro che l’hanno compiuta, rispettando però anche la memoria e l'identità di chi ha lottato per fedeltà dalla parte dei vinti, nell'ottica di una tanto sospirata pacificazione nazionale; solo in questo modo è possibile garantire il sacrosanto principio dell’interesse nazionale a fronte degli immancabili egoismi delle parti; solo con un corpo statale orientato verso un “federalismo nazionale", organico e responsabile, è possibile concepire e articolare la libertà delle sue singole membra. Federalismo non è sinonimo di “secessionismo”, a dispetto di quanti credono ancora, con superbia, che il Nord si debba liberare dello “sporco” Sud (esattamente come coloro che credono ancora, con rancore, che il Sud si debba liberare del “tiranno” Nord). Inoltre, come l’Europa dovrebbe essere una confederazione di Nazioni, allo stesso modo lo Stato nazionale dovrebbe essere una federazione di regioni. 

Noi crediamo da sempre in uno Stato tradizionale (non tradizionalista), liberale (non liberista) e sociale (non socialista). Noi crediamo che tutto ciò sia possibile sebbene sia molto più difficile realizzarlo in un ordinamento repubblicano.

Senigallia, 1-VII-2024


Giovanni FLAMMA


Immagine del titolo: Savini, Marfori "Protette dall'Angelo che tien viva la loro fede, le tre sorelle trento trieste e zara preparano il vessillo...".