Prosegue il nostro viaggio in Sudafrica, fra storia, approfondimenti politico-culturali e curiosità sconosciute al largo pubblico.
Seconda parte
2. La democrazia multietnica e il suo fallimento politico ed economico
Dal 1994 il Sudafrica è retto da un sistema democratico multietnico. Sorto tra il tripudio massmediatico di tutti i democratici del mondo, questo sistema avrebbe dovuto portare benessere e felicità a tutti. La realtà è stata molto diversa.
2.1. La storia del Sudafrica dal 1994
Dal 1994 la gestione del paese è nelle salde mani del Congresso Nazionale Africano (African National Congress, ANC), storico partito nero, espressione in particolare della tribù Xhosa (la tribù di Mandela) e di parte della tribù Zulu; l’attuale Presidente appartiene però alla tribù Venda. Si successero così i Presidenti Nelson Mandela (dal 1994 al 1999), Thabo Mbeki (dal 1999 al 2008), Jacob Zuma (dal 2009 al 2018), Cyril Ramaphosa (dal 2018).
Nel corso del quasi trentennale dominio dell’ANC si è verificato oggettivamente un netto declino economico e sociale che ha investito tutte le razze. L’altissimo livello di corruzione e di criminalità ha reso il paese scarsamente vivibile. L’ANC ha installato un sistema di potere che risente molto del tipico tribalismo africano, di cui già si ebbe esempio in altri Stati del continente. Questo approccio vede nello Stato il mezzo principale per ottenere potere per la propria tribù.
A livello politico si è passati nel corso del tempo da un’attitudine governativa almeno all’apparenza conciliante (il mito della Rainbow Nation, la “nazione arcobaleno”) a una gestione fortemente razzistica quale è quella attuale. Sin dalla formazione di commissioni speciali (ufficialmente “per la riconciliazione”, ma di fatto molto poco concilianti) si mostrò la chiara volontà di costituire una classe dirigente politico-economica monopartitica ben incardinata nelle principali tribù Bantù.
Dopo i governi più moderati di Mandela e Mbeki, durante i quali l’ANC si è aperto anche ad esponenti non Bantù (bianchi compresi), si è passati ai governi di Zuma e Ramaphosa, che si sono caratterizzati subito per politiche molto meno super partes.
Tra le azioni governative più inique e pericolose degli ultimi anni si annoverano la cosiddetta azione affermativa, che punta ad affidare la gestione di un certo numero di risorse in base all’appartenenza razziale (privilegiando naturalmente le tribù cafre), e il potenziamento economico nero, che consiste nel fornire un certo numero di sussidi e facilitazioni alle aziende in base alla razza, privilegiando specificatamente i Bantù. Da segnalare che, oltre ai bianchi, queste azioni danneggiano gravemente coloureds e asiatici. E’ di queste settimane la denuncia in Parlamento dell’esclusione forzata di asiatici da aziende commerciali.
Sotto la presidenza di Ramaphosa, inoltre, un accordo tra i partiti ANC e i suprematisti neri dell’EFF (Combattenti per la Libertà Economica, Economic Freedom Fighters) ha causato la modifica della costituzione per permettere l’eventuale esproprio senza indennizzo delle terre alle persone appartenenti alle razze bianche, in particolare a quella boera, come se il triste esempio della Rhodesia del Sud (Zimbabwe, ne parleremo alla fine di questa seconda parte dell’approfondimento) non costituisse un monito sufficiente.
Da notare che queste politiche razzistiche nere sono diverse dall’apartheid organizzato dai bianchi. Infatti mentre l’apartheid, come abbiamo visto, indipendentemente dagli errori compiuti nella sua realizzazione, è un sistema filosofico che punta teoricamente ad organizzare uno sviluppo indipendente di tutte le razze, l’azione affermativa è un mero insieme di facilitazioni dato a pioggia, esclusivamente su base razziale, mentre gli espropri senza indennizzo sono semplicemente furti legalizzati.
Se a tutto ciò si aggiungono gli assassini, i soprusi e le violenze che in questi anni hanno subito in Sudafrica numerose famiglie bianche (tanto che qualcuno ha parlato di “genocidio nascosto”) è ben chiaro il totale fallimento della cosiddetta “democrazia multietnica”.
Di fatto nessuna razza ha migliorato nel suo complesso le proprie condizioni di vita rispetto al periodo dell’apartheid: si ha più che altro un gruppo dirigente nero che si è arricchito a dismisura, tra scandali e denunce di corruzione.
2.2 Attualità politica del Sudafrica
La situazione politica permane oggigiorno alquanto delicata: lo strapotere dell’ANC scricchiola e il suo consenso tra i neri è in continuo calo, nonostante il governo sia saldamente nelle mani del Presidente Ramaphosa. Molte amministrazioni locali però non sono più appannaggio dell’ANC come un tempo e ci sono aree dove le singole razze si autogestiscono.
Il rapporto con le opposizioni resta molto teso, tanto che il Presidente, rispondendo al dibattito riguardo al suo recentissimo SONA[1] (metà Febbraio 2021), non ha fatto altro che ripetere una serie di luoghi comuni del “pensiero unico del democraticismo mondiale”, ben noti anche da noi (ecologismo, femminismo, pacifismo, mondialismo e così via), senza minimamente considerare le questioni pratiche avanzate in particolar modo dai deputati Boeri.
Solo cinque partiti hanno almeno dieci deputati all’Assemblea Nazionale, una delle due camere del Parlamento (l’altra è il Consiglio Nazionale delle Province). Dopo l’ANC, il secondo partito per consistenza numerica è l’Alleanza Democratica (Democratic Alliance, DA), un insieme di esponenti di tutte le razze (ad esempio Natasha Mazzone, capogruppo del partito all'Assemblea Nazionale, è figlia di un Italiano). La maggior parte dei bianchi Anglosassoni si identifica in questo partito. Esso segue infatti un’ideologia marcatamente liberale di chiara derivazione britannica e si oppone in genere ad ogni tipo di eccessivo dirigismo statale. Al momento è guidato dal bianco John Steenhuisen, che, nonostante l’origine parzialmente boera, deriva dalla scuola politica anglosassone del vecchio Partito Democratico.
Il terzo partito è costituito dal già citato EFF, composto da estremisti neri pericolosi quanto pittoreschi (sono quasi perennemente vestiti con camicie o tute rosse ed elmetti da muratore o baschi dello stesso colore), guidati da Julius Malema. La loro ideologia è di matrice suprematista nera, nonché nebulosamente comunista. Sono tra i principali sostenitori di un’indiscriminata politica di esproprio di terra senza indennizzo a danno dei bianchi boeri.
Il quarto partito è il già citato Partito della Libertà Inkatha (Inkatha Freedom Party, IFP) espressione degli Zulu Nazionalisti legati al Re degli Zulu Goodwill Zwelithini kaBhekuzulu, guidato attualmente da Velenkosini Hlabisa, dopo il ritiro dell’anziano Mangosuthu Buthelezi; ritiro in realtà più formale che sostanziale, poiché nonostante i quasi 93 anni egli continua con vigore l’attività parlamentare.
Zulu nazionalisti e Bianchi Boeri hanno accresciuto nel tempo la loro alleanza e oggigiorno fanno spesso fronte comune contro l’ANC e soprattutto contro l’EFF.
Recentemente il Re degli Zulu Zwelithini si è infatti incontrato a Palazzo Reale con Filip Buys, Capo del Sindacato Nazionale Boero Solidarietà, con Danie Goosen, Capo della Federazione delle Organizzazioni Culturali Afrikaner e con Kallie Kriel, Presidente dell’Afriforum (un’associazione boera socialnazionalista, che si occupa in particolare del settore agricolo), coi quali ha firmato un importante accordo politico alla presenza di Jérôme Ngwenya, Responsabile dell’Ingonyama Trust (Ente Kwazulu dell’agricoltura).
Nella diatriba sul possesso delle terre, il Re Zulu si è schierato nettamente a favore dei Boeri ed ha spronato gli Afrikaner a ricostruire un Fronte Popolare unitario (Afrikaner Volksfront), come fu fatto in passato, allo scopo di contrastare leggi inique. Kriel ha dichiarato che le due Nazioni Boera e Zulu hanno di questi tempi ulteriormente sviluppato la tradizionale alleanza e la “cooperazione sulla base del rispetto e della riconoscenza”.
Il Sovrano Zulu dal canto suo ha sempre affermato senza mezzi termini che i Boeri sono eccellenti imprenditori agricoli e che egli stesso imparò molto da loro. Re Zwelithini ebbe sempre ottimi rapporti con i governanti boeri e non ebbe timore di lodare i successi economici del Sudafrica dell' apartheid, accusando il successivo governo democratico di averli rovinati.
Il quinto partito è il Fronte della Libertà Più (Vryheidsfront Plus, VF+), espressione dei Nazionalisti Bianchi Afrikaner, guidato, dopo il ritiro di Pieter Mulder, da Pieter Groenewald. Il partito persegue ideali fortemente identitari e lotta vigorosamente contro le leggi inique della democrazia multietnica.
Ci sono poi una serie di piccoli partiti che non superano i due seggi. Tra gli esponenti di questi ultimi si deve citare Mosioua Lekota, forse il miglior politico nero attuale, che col suo COPE (Congresso del Popolo) fa fronte comune coi Boeri contro il razzismo dell’EFF. A suo tempo fu uno degli esponenti di punta dell’ANC, ma quando si accorse della deriva che stava prendendo ne uscì fondando un proprio partito, alleandosi con i Boeri. Memorabile infatti il suo discorso in afrikaans con cui salutò il dimissionario Mulder facendo suo il motto Boero Ons vir jou Suid-Afrika.
2.3 I Boeri: quale ruolo nella democrazia multietnica?
Dalla caduta dell’apartheid, molti Boeri hanno visto crollare la propria concezione di patria sudafricana e, vistisi di fatto orfani del proprio stato, hanno iniziato a percorrere strade diverse per far fronte alla situazione.
Alcuni hanno deciso di prendere di petto il Sudafrica del post-apartheid, sopportando sovente ostilità e violenze, e si sono raccolti in partiti che partecipano all’attuale vita politica, pur non facendo molto affidamento su di essa, dedicandosi soprattutto all’organizzazione di comunità boere autogestite, con l’obiettivo di costituire nel tempo un vero e proprio volkstaat[2] indipendente. Il principale partito che segue questa linea è il VF+. Tra i suoi esponenti, oltre al già citato Groenewald, occorre nominare Wouter Wessels, uno dei più brillanti oratori del partito, che non teme di dire apertamente in parlamento che dal 1994 il Sudafrica è un fallimento.
Nel corso del tempo si sono formate qua e là comunità boere autogestite. La più celebre è la città di Orania, che si trova praticamente nel centro del Paese.
In queste città abitate esclusivamente da Boeri, questi possono sviluppare appieno e in tutta libertà le proprie tradizioni, i propri usi e i propri costumi.
I Boeri hanno tradizioni molto consolidate e in tutto il Paese cercano di salvaguardarle dagli assalti del multiculturalismo.
Vi sono parecchie associazioni e molti attivisti che lottano giornalmente contro i soprusi governativi. Un’importante esponente della già citata Afriforum, Ernst Roets, ha vigorosamente difeso i diritti dei Boeri al possesso di terra innanzi alla commissione parlamentare per la riforma agraria.
Vi sono poi Boeri che preferiscono trascorrere molto tempo all’estero o hanno addirittura lasciato del tutto il Sudafrica, poiché vedendolo preda del crimine e della corruzione di cui ritengono responsabile diretto il regime dell’ANC, non sperano in una sua ripresa, almeno nell’immediato futuro.
Secondo molti l’errore fondamentale commesso è stato a suo tempo il dedicarsi completamente alle Patrie Bantù, trascurando di costruire un proprio volkstaat in un preciso territorio.
Una piccola minoranza ha invece totalmente aderito al nuovo regime dell’ANC, cercando di conquistare, seppur a fatica, spazi al suo interno.
2.4 Gli altri Paesi dell’Africa Australe: la situazione delle popolazioni bianche
Popolazioni bianche sono presenti in tutti i paesi dell’area. Nelle due Rhodesie (Zambia e Zimbabwe) sono presenti soprattutto Anglosassoni. Per la verità nello Zambia (Rhodesia del Nord) la comunità non è molto numerosa, ma è sempre stata rispettata, sin dai tempi del fondatore dello Zambia moderno Kenneth Kaunda. Infatti non ci sono mai state particolari tensioni con le numerose tribù Bantù locali, di altra stirpe rispetto a quelle sudafricane. Recentemente (2014-15) lo Zambia ha avuto anche un Presidente bianco, Guy Lindsay Scott.
Un esempio invece anche peggiore del Sudafrica è dato dallo Zimbabwe (Rhodesia del Sud), dove la comunità bianca sarebbe molto numerosa, ma in gran parte è attualmente espatriata a causa delle politiche terroristiche del vecchio Presidente Robert Mugabe. Questi si scagliò violentemente contro i proprietari terrieri bianchi (di razza Anglosassone) causando un vero e proprio genocidio e un gran numero di fuoriusciti. L’unico risultato che ne sortì, oltre la guerra civile, fu il disastro economico, poiché le terre furono sostanzialmente abbandonate o malgestite dalla cricca milionaria del dittatore. Il Paese, che sotto la gestione dei bianchi guidati da Ian Douglas Smith era stato soprannominato “la Svizzera dell’Africa”, divenne ben presto uno dei paesi più poveri del mondo, con veri e propri “primati” in tema d’inflazione.
L’attuale Presidente Emmerson Mnangagwa ha così dovuto recentemente restituire parte delle terre agli originari proprietari bianchi per evitare il definitivo collasso economico. Sono seguite manifestazioni di giubilo dei lavoratori neri nei confronti dei proprietari terrieri bianchi reinsediati, a dimostrazione di come l’astio verso di loro fosse null’altro che una manovra politica della cricca al potere, mentre localmente si hanno il più delle volte ottimi rapporti. Naturalmente i telegiornali democratici non ne hanno fatto parola.
In Regni etnici come Swaziland e Lesotho, dove la maggioranza della popolazione appartiene a razze specifiche (nel primo caso Swazi e nel secondo Sotho del nord e del sud), si assiste a un tipico tentativo di assimilazione di costumi: i pochi bianchi e asiatici sono invitati ad aderire agli usi e ai costumi etnici dei Regni in questione.
Riguardo alla Beciuania (Botswana), c’è sempre stata pacifica convivenza tra i pochi bianchi (Anglosassoni e Boeri) e gli Tswana. La bandiera del Paese, che contiene il bianco e il nero (oltre all’azzurro dell’acqua), ne vuole essere testimonianza. Lo stesso fondatore del paese, Sir Seretse Khama, sposò una bianca, Lady Ruth Khama, e il loro figlio Ian Seretse, evidentemente un coloured, è stato a sua volta Capo dello Stato fino al 2018.
Seretse e Ruth Khama, i fondatori del Botswana
La bandiera della Beciuania (Botswana), simbolo di unità tra le razze
La Namibia meriterebbe un discorso a sé. E’ il secondo paese dell’Africa australe con il maggior numero di popolazione bianca. A livello razziale è composita quanto il Sudafrica, ma vi sono poche tensioni, grazie anche al fatto che la densità di popolazione è bassissima.
Un murale al Museo dell’Indipendenza di Windhoek,
raffigurante la popolazione namibiana unita: da notare le varie razze presenti;
dietro è l’immagine di Sam Nujoma, il fondatore della Namibia indipendente nel 1990
I Bianchi Namibiani si suddividono in tre grandi gruppi: Germanici, Boeri e Anglosassoni. In particolare i Germanici sono molto attivi in politica. Calle Schlettwein, attuale Ministro dell’Agricoltura (già delle Finanze) appartiene a questo gruppo etnico.
In Angola e Mozambico sono invece presenti Bianchi di schiatta Portoghese, alcuni dei quali rientrati dopo il crollo del comunismo. In Malawi (noto anche come Nyasaland o Niassaland, cioè Terra del Lago Niassa) c’è qualche Anglosassone.
Spostandosi nel centro e nel nord-ovest del continente le comunità bianche (intendendo solo gli jafetiti e non i semiti, escludendo perciò gli arabi) si diradano, anche perché i Paesi che si incontrano sono scarsamente vivibili. Tuttavia attualmente sia la Première Dame del Gabon (Sylvia Bongo Ondimba) che quella della Costa d’Avorio (Dominique Ouattara) sono bianche.
In ogni caso, a un’attenta analisi di tutte le situazioni citate, sembra emergere un concetto fondamentale: laddove si ha una minoranza molto piccola che coabita con un’etnia maggioritaria compatta, di solito essa si amalgama abbastanza bene; al contrario quando si hanno molte comunità etniche di una certa consistenza in un unico territorio la convivenza fallisce, a meno che la densità di popolazione sia bassissima.
(continua con la terza e ultima parte “Una recente esperienza personale”)
Vittorio VETRANO
Note:
[1] SONA: "State of the Nation Address", discorso sullo stato della Nazione
[2] "Volkstaat": Stato etnico Boero
Foto di prima pagina: l’attuale bandiera Sudafricana, che rappresenta i colori dell’ANC (nero, giallo, verde) che si inseriscono all’interno dei colori Boeri e Anglosassoni (rosso, bianco, blu)