I rapporti assai complessi tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano, dal Risorgimento sino alla firma dei Patti Lateranensi, sono stati caratterizzati da contrasti burrascosi alternati a segni più o meno forti di distensione. Ma è con la Conciliazione che si risolve la Questione Romana. Ce ne parla il nostro Alessio Benassi.
RAPPORTI FRA STATO E CHIESA
Nel corso del processo di unificazione, dalle guerre d'indipendenza fino all'annessione di Roma nel 1870, i rapporti tra il governo sardo piemontese prima e italiano poi portarono a molte fratture con la Curia romana, inoltre anche rapporti tra Casa Savoia e il Papa risentirono fortemente di codesta situazione.
Anche la figura del Re Vittorio Emanuele II fu coinvolta nella questione, il Sovrano non era un cattolico fervente come il padre Carlo Alberto ma mostrava una sfumatura di fede particolare, a metà con la superstizione Vittorio Emanuele II voleva il processo unitario ma si definiva un "devoto figlio di Sua Santità", oppure quando il monarca diceva di appoggiare l'esecutivo di Cavour per l'approvazione delle leggi Siccardi, ma al contempo appoggiava il vescovo Nazari di Calabiana per fermarne l'approvazione e ancora, rivolgendosi direttamente al ministro Siccardi disse: "Badi bene, è lei che è responsabile; e se questa legge dovrà condurre all'inferno coloro che l'hanno fatta, ci andrà lei solo", perché il Re aveva paura dell'inferno e non voleva finirci per colpa del governo.
Questo rapporto tra Savoia e la Chiesa si accentuò con la presa di Roma, il Papa si chiuse in Vaticano "prigioniero dello stato italiano" di cui non ne riconobbe la legittimità e vietò ai cattolici di partecipare alla vita politica con il "non éxpedit", nel mentre Vittorio Emanuele II con la questione romana si comportò in modo particolare, visitò Roma solo per portare conforto dopo l'alluvione del Tevere, e pur prendendo possesso del Quirinale non volle mai rimanere troppo nell'Urbe, per non accuire maggiore i rapporti con il Pontefice.
Nel 1878 però Vittorio Emanuele II morì, il sovrano al Quirinale ricevette il viatico dei moribondi e chiese perdono per i propri peccati e per sua volontà voleva essere tumulato a Superga, ma il governo optò per seppellire il Re a Roma, nel Pantheon. Nello stesso anno morì anche Pio IX, due dei principali protagonisti del Risorgimento erano scomparsi ma la "questione romana" rimase aperta.
Il nuovo monarca, Umberto I non si discostò dal padre e predecessore, ma comunque ebbe sempre un velato desiderio di "conciliazione". In Vaticano, il successore di Pio IX, Leone XIII seguiva la stessa linea d'intransigenga contro lo stato liberale.
Una Roma del periodo "umbertino" divisa, liberali e laici, massoni e anticlericali, monarchici, conservatori e reazionari. Una città divisa, ma anche una nazione non ancora unificata, da rinsaldare e creare, e sotto questo aspetto un ruolo di primo piano fu giuocato dalla Regina Margherita. La consorte di Re Umberto I aveva una visione ben precisa della monarchia come simbolo unificante, ed inoltre, univa un senso patriottico fervente con una formidabile fede cattolica, Indro Montanelli disse:"Era una vera e seria professionista del trono, e gl'italiani lo sentirono".
In questa visione di costruzione della nuova nazione, Margherita si prodigò fin da subito, e fu proprio lei ad effettuare i primi segnali di una "piccola conciliazione". La Regina tenendo corte al Quirinale riuscì ben presto ad avvicinare la "nobiltà nera", gli aristocratici romani fedeli al Papa, alla "nobiltà bianca" monarchia fedele ai Savoia, tutto questo in opposizione alla "nobiltà rossa", le élite nobili e borghesi si matrice massonica, repubblicana e mazziniana. Ovunque andasse Margherita mostrava il sentimento patriottico e la fede cattolica, a Roma si recava in preghiera e alle funzioni religiose, oppure durante la terribile epidemia di colera di Napoli, insieme al marito Umberto I, fece visita al popolo e agli ammalati, portando la vicinanza della monarchia ai sudditi inoltre, al passaggio del Santissimo Sacramento, i Sovrani si inginocchiarono con rispetto.
Nonostante gli sforzi della Regina però, la situazione, era ancora lungi dal mutare. Come ad ad esempio l'erezione della statua di Giordano Bruno, fu solo un altro momento di distanza tra lo Stato e la Chiesa.
Solo con il nuovo secolo le cose iniziarono lentamente a mutare, il 29 luglio 1900 Umberto I viene assassinato a Monza, la Regina Margherita comporrà una preghiera in suffragio e l'Osservatore Romano, ne ricorderà la memoria e il desiderio della conciliazione.
Il nuovo Re, Vittorio Emanuele III non fu mai particolarmente devoto, al contrario della Regina madre Margherita, e della moglie, la Regina Elena del Montenegro. Due giovani sovrani alla guida di una nazione ancora giovane, nel 1911 si celebrerà il cinquantenario dell'unità. La nuova fase dell'Italia liberale, che passerà alla storia come "età giolittiana" visto il protagonismo politico di Giovanni Giolitti, vide il principio d'attività politica dei cattolici. Dopo Leone XIII, il nuovo Pontefice San Pio X, pur non riconoscendo ancora lo stato italiano continuò l'attività sociale della Chiesa iniziata dal predecessore, difese la vera dottrina dal modernismo e diede una maggiore voce ai cattolici in Italia.
Ma la situazione iniziò veramente a mutare con il primo conflitto mondiale, le grandi masse di soldati al fronte, videro una vicinanza maggiore dei cappellani militari, unità alla presenza del Re, o alle cure della Duchessa Elena d'Aosta e soprattutto della Regina Elena, che sin dal terremoto di Messina del 1908, aveva mostrato uno straordinario impegno nei soccorsi ai feriti e nella vicinanza verso il popolo, con un impiego caritativo diretto.
Con la vittoria nel 1918, un' Italia diversa si delineò, una nazione trionfatrice ma povera e con molti problemi economici, sociali e politici. Queste tensioni portarono prima al "biennio rosso", e successivamente, all'ascesa al governo di Mussolini nel 1922.
Fu proprio il Duce, che in un' ottica di avvicinamento alle masse cattoliche, si avviò alla conciliazione vera e propria. L'11 febbraio del 1929, il Cardinale Segretario di Stato Gasparri e il Presidente del consiglio dei ministri del Regno d'Italia Mussolini, siglarono il concordato tra Santa Sede e Regno d'Italia presso il palazzo del Laterano.
Tale accordo portava alla creazione dello Stato della città del Vaticano, al ritorno della confessionalità dello Stato in base all'art 1° dello Statuto e soprattutto al reciproco riconoscimento. Proprio in seguito a questo evento, l'insigne avvocato cattolico Carlo Francesco D'Agostino, riconosce la legittimità del Regno d'Italia. Infatti D'Agostino sottolineava che prima del 1929 il Regno d'Italia, pur esistendo de facto, non esisteva de iure con la legittimità del Pontefice, ma successivamente con la conciliazione il Regno d'Italia era giustamente riconosciuto.
Infatti, successivamente alla conciliazione, i rapporti tra i Savoia e il Vaticano furono migliori. Vittorio Emanuele III e la Regina Elena furono ricevuti in Vaticano, Sua Santità Pio XI conferì la rosa d'oro della cristianità all'Augusta Sovrana per i suoi meriti caritativi e di beneficenza, Pio XII fu il primo Papa a recarsi al Quirinale dopo il 1870 e fu ricevuto con i massimi onori dal Re Imperatore e dalla famiglia Reale.
Questa conciliazione, così agognata nel tempo da molti e da altri osteggiata, con il tempo fu portata a termine.
Un processo arduo, che richiese decenni ma alla fine vide il trono e l'altare in pace, la corona e il triregno che si supportavano a vicenda, in questo proprio D'Agostino sottolineava la legittimità del Regno d'Italia e dei suoi Re, de iure anche dopo il 1946.
Una conciliazione che vede nel Re e nel Papa due figure fondamentali, due colonne portanti nella storia e nella politica italiana, un richiamo ai "due soli" già ben descritto dal Sommo Poeta Nazionale Dante Alighieri nel suo scritto "De monarchia".
Alessio BENASSI