Sangue, terra, merito e responsabilità: riflettendo seriamente, senza alcun pregiudizio ideologico, sui pregi e sui difetti del "Ruralismo", Vittorio Vetrano ci offre validi spunti finalizzati all'elaborazione cristiana di un nuovo concetto di aristocrazia, per un'autentica Rivoluzione Aristocratica.
Per un nuovo concetto di Aristocrazia, per un nuovo concetto di Nobiltà
1. Aristocrazia e Nobiltà: quale significato oggi?
In ambito tradizionalista, e in particolare negli ambienti monarchici, si ritrova molto spesso un genuino senso di rispetto e ammirazione nei confronti dei concetti di nobiltà ed aristocrazia, accompagnato da una certa qual volontà di riproporli nel mondo di oggi. Ciò è giustissimo ed encomiabile. C’è però un grande problema che inficia le pur buone intenzioni iniziali: questi concetti sono, il più delle volte, privi di contenuto.
Nel migliore dei casi, essi si limitano ad essere interpretati come una sorta di pia memoria di ciò che alcune famiglie fecero nel passato. E’ importante sottolineare quel fecero poiché esso è indice del passatismo insito in una prospettiva di tal genere, che non considera minimamente ciò che gli eventuali eredi di quei grandi facciano nel presente o si ripromettano di fare nel futuro.
Sovente negli ambienti che dicono di volersi rifare a valori aristocratici assistiamo più che altro a due tipi di dispendio di energie: da un lato ci si dà un gran daffare per rintracciare il tal antico documento che attesti che qualche altrettanto antico Sovrano abbia concesso un qualsivoglia titolo al tal personaggio; dall’altro ci si affanna per organizzare le classiche serate di gala o di beneficienza. Di per sé non v’è nulla di male in tutto ciò: il problema è che se tutto si esaurisse in questo, potremmo tranquillamente affermare che nobiltà e aristocrazia nel mondo di oggi avrebbero ben poco da dire.
Poiché invece noi non la pensiamo così e riteniamo che i concetti suddetti abbiano un contenuto decisamente maggiore, proveremo ad analizzarli un po’ più in profondità.
Anzitutto sottolineiamo che ai nostri scopi non è utile un saggio storico su ciò che fu l’aristocrazia in Europa e in Italia. A noi in questa sede interessa soprattutto il presente e il futuro. Il passato ci è utile soprattutto per non ricommetterne gli errori. Infatti l’errore fondamentale dell’aristocrazia dei vari Stati europei, che fu concausa del crollo ignominioso dell’Ancien Régime, fu proprio lo stesso che caratterizza alcuni rievocatori di nobiltà odierni: l’aver trasformato un istituto fortemente meritocratico (aristocrazia significa letteralmente “governo dei migliori”) in un’oligarchia imbalsamata che infatti si sfasciò in un batter d’occhio.
Per poter comprendere i veri significati di aristocrazia e nobiltà occorre anzitutto prender mano al vocabolario, meglio se un vocabolario vecchio, poiché quelli odierni sono il più delle volte adulterati da una mentalità ultrademocratica che impedisce una visione oggettiva delle cose. Leggendo dunque lo Zanichelli del 1929 scopriamo che l’Aristocrazia è quella forma di governo dove il potere supremo è esercitato da pochi notabili per potenza o grado o nascita; con Nobiltà si indica invece da un lato qualità e condizione di nobile, distinzione, grado conceduto da sovrano o repubblica a persona e a famiglia, dall’altro condizione riconosciuta di nobile con privilegi, per servigi resi al principe, alla patria, benemerenze nelle industrie, arti e scienze.
Scopriamo così anzitutto che l’aristocrazia è una forma di governo, peraltro nota sin dalla notte dei tempi (esaustiva in questo senso la Repubblica di Platone), mentre la nobiltà è una condizione sociale individuale o familiare riferita a persone notabili, che può essere anche soggettiva, specialmente in assenza di uno Stato che riconosca in modo oggettivo i meriti delle singole persone.
Il legame tra aristocrazia e nobiltà si forma nel modo seguente: poiché in una aristocrazia i membri devono per definizione eccellere, essi non potranno che essere nobili in base alla definizione terminologica suddetta, uomini perciò che manifestano nel massimo grado possibile quei valori che permettono l’eccellenza. E si badi che l’eccellenza non è in senso relativo, bensì in senso assoluto: in altre parole non si ha bisogno di persone non eccellenti per eccellere, il che sarebbe paradossale; in realtà l’obiettivo di qualunque politica dovrebbe essere che tutto il Popolo, ognuno in base alle proprie caratteristiche, eccella.
Poiché dunque l’Aristocrazia è una forma di governo, può benissimo esistere un’ideologia politica che la sostiene e che possiamo denominare aristocraticismo. Al contrario la Nobiltà non dà di per sé luogo ad un’ideologia politica specifica, essendo essa una condizione più o meno oggettiva della persona o della famiglia e non una proposta di governo della società.
2. E’ esistita un’ideologia aristocratica dalla Rivoluzione francese in poi?
Avendo ben definito i termini della questione e avendo scoperto che può esistere un’ideologia politica aristocratica, sorge spontanea una domanda: è esistita un’ideologia aristocratica in Europa dopo la Rivoluzione francese? Un’ideologia che volesse a sua volta, si perdoni il giuoco di parole, rivoluzionare la rivoluzione? Esaminando le varie vicende degli Stati Europei nei recenti secoli la risposta è apparentemente negativa. Infatti si sono visti qua e là sorgere gruppi propugnanti qualche valore aristocratico, quasi sempre però in modo esclusivamente passatista, se non addirittura con un atteggiamento di difesa classista, paradossalmente aderendo di fatto a un concetto marxista della società.
Raramente è invece emersa una volontà precisa di proporre una nuova aristocrazia, con nuovi contenuti e nuova capacità d’azione. Forse l’Action Française in Francia tentò qualcosa in proposito, ma non si trattò mai di una visione compiutamente rivoluzionaria e a tutto tondo. In altri termini non si giunse a una definizione ideologica tale che il dire “io sono un aristocratico” avesse una medesima valenza politica del dire “io sono un democratico”: anzi, a causa di una confusione terminologica, la prima frase veniva spesso interpretata come “io discendo da una famiglia a suo tempo insignita da qualche Sovrano”, proposizione che nulla ha da spartire con un’appartenenza politica.
Eppure in realtà ci furono movimenti che tentarono di proporre nuovi e vitali concetti di aristocrazia e nobiltà. Ma per ricercarli non dobbiamo andare nei ristretti gruppi passatisti di più o meno presunti titolati spesso molto poco aristoi. Bisogna invece rivolgersi ai movimenti socialnazionali, quelli che si opposero al liberalismo ed al marxismo e che, prima del disastro della Seconda Guerra Mondiale, sembrarono poter mostrare una nuova strada di benessere e di giustizia all’Europa e al mondo.
3. La nuova Nobiltà di sangue e suolo, il tentativo Nazionalsocialista di ricostruire la Nobiltà
Tra i movimenti socialnazionali quello che forse più tentò di impegnarsi per dar contenuto ai concetti di nobiltà e aristocrazia fu il Nazionalsocialismo tedesco. Ciò naturalmente stupirà molte persone, poiché purtroppo, a causa del mito del “male assoluto”, tante iniziative politiche interessanti di quel periodo sono finite impietosamente nell’oblio più totale.
Tuttavia, siccome noi siamo uomini liberi e non abbiamo paura di indagare nei libri proibiti dall’inquisizione liberaldemocratica, abbiamo individuato un testo, scritto da colui che divenne il Ministro dell’Agricoltura del III Reich, che non si può non considerare come il miglior tentativo fatto nel mondo contemporaneo di dare un contenuto ricco, nuovo e rivoluzionario ai concetti di nobiltà e di aristocrazia. Stiamo parlando di Richard Walther Darré, che nel suo “La nuova Nobiltà di sangue e suolo”, edito da Lehmann a Monaco di Baviera nel 1930, tentò di prefigurare una nuova Nobiltà, legata indissolubilmente alla terra e alla Patria. Ed è qui che l’aristocraticismo si fonde con un’altra idea fondamentale per la rinascita delle Nazioni Europee: il ruralismo.
Richard Walther Darré, il teorizzatore della “nuova nobiltà di sangue e suolo”
(“Neuadel aus Blut und Boden”)
4. Aristocraticismo e ruralismo, un legame inscindibile
L’aristocraticismo non può che fondersi col ruralismo. Cerchiamo di spiegarne il perché. La società moderna fu travolta dal grande capitalismo industriale e poi finanziario, che massificò la popolazione, all’inizio proletarizzandola, in seguito massificandola, ingigantendo continuativamente le città, le quali si svilupparono a dismisura, fino a diventare veri e propri formicai umani. In tale contesto, i valori aristocratici, basati sull’onore, la fedeltà, la fierezza, la capacità autarchica di sviluppare un tessuto sociale basato sulla famiglia, variegato e ricco di elementi intermedi, non possono sussistere: è un dato di fatto, ampiamente dimostrato dalla storia di questi ultimi secoli.
Viceversa il mondo rurale, coi suoi tempi, la sua organizzazione legata ai corpi intermedi, il suo radicamento nella tradizione e nella natura si dimostra come il luogo spontaneo di sviluppo dell’aristocraticismo. Nel mondo moderno ruralismo e aristocraticismo non possono che fondersi, tanto che possiamo parlare di Nobiltà Contadina, quasi a fondere in un unico ceto i due gruppi sociali devastati dal modernismo capitalista: Nobili e Contadini. Il richiamo alla Vandea controrivoluzionaria è evidente.
Ed ecco che qui ci è di massimo aiuto il Darré. Nel suo studio, egli immagina la costituzione di nuovi feudi (Hegehöfe), comunità rurali sostanzialmente autarchiche, laddove sorga un nuovo ceto Aristocratico-Contadino. Qui le famiglie, tra cui le nuove famiglie feudatarie, si insediano sul territorio e diventano autentica comunità organica d’elezione. Le famiglie deputate a questa nuova colonizzazione dei campi attraverso “fattorie nobili” (Edelhöfe) devono essere individuate tra quelle che all’attualità dimostrino in modo oggettivo di essere di alto livello. Tali fattorie nobili devono essere inalienabili, ovvero non sono in regime di libero mercato. Ma si badi che non è prevista oligarchia, poiché non solo le varie generazioni, ma la stessa persona deve continuamente meritarsi il proprio posto ed è in un baleno che si può perdere, per comportamenti scorretti, il grado.
Da queste nuove famiglie nobili sortirà in modo naturale gran parte della nuova classe dirigente.
Nella visione nazionalsocialista questo concetto di nobiltà è naturalmente legato al concetto di razza e di popolo e in particolare al concetto di Völkischer Staat, laddove lo Stato è l’espressione più pura del Popolo inteso come unità organica di stirpe.
E’ inutile scandalizzarsi per il richiamo quasi genetico alla razza: a pensarci bene l’elemento del sangue e della genetica non ha forse sempre avuto un’importanza notevole nella costituzione dell’aristocrazia? L’ereditarietà non è forse uno dei suoi elementi portanti? Se quindi un’aristocrazia dev’essere veramente nobile, essa non può che essere geneticamente di alto livello, dev’esserlo cioè nel sangue. Ecco che quindi Darré la individua in quelle famiglie che nel tempo hanno espresso molte eccellenze nei vari campi del sapere e dell’azione umana e poche “pecore nere”. Ma tutto ciò dev’essere ovviamente contemperato dall’eccellenza del singolo titolare, il quale, se è indegno, perde immediatamente il grado.
Nel sistema Nazionalsocialista vi è in qualche modo un passaggio meritocratico nei vari livelli comunitari: dalla meritocrazia razziale si passa alla meritocrazia familiare per giungere alla meritocrazia personale, in una continua assunzione di Autorità e Responsabilità per gli elementi di eccellenza. In questo senso possiamo affermare che l’aristocraticismo diventa una componente essenziale del Nazionalsocialismo.
E’ evidente che un simile approccio non può essere da noi recepito tal quale in quanto presenta due rischi.
Il primo rischio è dato dall’oggettività dell’organo deputato al controllo della “dignità”. E’ ovvio che non può essere il solo Sovrano, come fu di fatto nell’aristocrazia dell’Ancien Régime, o un partito politico, come rischia di essere in un Regime a partito unico, poiché si ricadrebbe proprio in quella soggettività che per la vecchia aristocrazia fu esiziale. E’ cioè necessario che la nobiltà sia assolutamente oggettiva. Darré prova a dare una soluzione al problema individuando più enti e più soggetti deputati a valutare la nobiltà delle famiglie candidate. In quest’ottica assume particolare importanza la Federazione dei Gentiluomini, che ha un assetto di tipo corporativo. Lo Stato deve comunque avere un diritto di veto, proprio per evitare il formarsi di oligarchie antinazionali.
Il secondo rischio è quello di trasformare il merito in un sopruso. La meritocrazia assoluta è infatti intrinsecamente sbagliata perché difetta di misericordia nei confronti di chi ha poco merito. E’ per questo motivo che se noi riusciamo a temperare l’impostazione di Darré con il sano Cattolicesimo della nostra cara Patria Italica possiamo sortirne un autentico, rivoluzionario e nazionale Aristocraticismo Italiano, dotato di quell’equilibrio che è indispensabile per una corretta messa in pratica delle teorie politiche. Avremo così una vera Aristocrazia del sangue e del merito, con continue entrate e uscite, indissolubilmente legata alla terra ed espressione della grandezza della stirpe.
Poiché nell’aristocrazia è essenziale una progenie che si mantenga il più possibile di alto livello, è evidente l’importanza di una sana politica matrimoniale. Il Darré biasima l’usanza della vecchia aristocrazia di costituire un gruppo chiuso con continue nozze tra medesime famiglie. Non possiamo che assolutamente condividere questo biasimo, poiché in tale usanza scorgiamo facilmente un duplice danno: da un lato la mancanza di apporto di nuovo sangue, spesso causa del sorgere di malattie ereditarie e di indebolimento genetico delle famiglie, ampiamente testimoniato dall’oggettiva e spesso incredibile decadenza mostrata da famiglie un tempo insigni; dall’altro lato l’incapacità dell’aristocrazia di mantenersi espressione più pura di una stirpe che sempre si rinnova. Perciò riteniamo senz’altro che per un nobile rampollo sia preferibile un matrimonio con una vigorosa e intelligente donna di umili natali piuttosto che con una decadente e malaticcia ereditiera di titoli altisonanti.
Anche qui occorre però quell’equilibrio che solo il sano approccio autenticamente Cattolico può darci: non è eticamente corretto giungere a stilare categorie di donne candidate a diventar mogli dei nuovi Nobili (Darré teorizza addirittura una commissione di esperti guidati dallo Zuchtwart, un medico genetista specializzato, letteralmente custode della selezione). Benché Darré non parli di imposizione ed aleggi sempre un certo qual spirito volontaristico, è lampante che l’approccio è eticamente rischioso. E’ invece corretto far sì che si creino ambienti favorevoli all’incontro di persone di alto livello e su questo la Chiesa, lo Stato e la Famiglia non possono rimanere indifferenti, ma devono costruire una società che favorisca gli incontri tra persone di livello e sensibilità simile.
Ciò deve valere, secondo noi, a maggior ragione per i Sovrani. A costo di sembrare antitradizionali e fautori di matrimoni morganatici, l’uso continuo di imparentarsi tra case Reali di vari Stati è stato dannosissimo per l’idea stessa di Monarchia Nazionale. Infatti questo continuo imparentarsi ha nel tempo talmente snazionalizzato le Case Reali che esse rischiano talora di sentirsi più solidali tra loro che verso i propri popoli, il che costituirebbe un vero tradimento. Pertanto nell’ottica di una nuova nazionalizzazione delle Case Reali sarebbero opportuni matrimoni con persone della propria stirpe. Del resto non mancano certo nei vari Stati famiglie degne di tal rango, senza necessariamente scomodare antenati illustri; occorre solo saperle riconoscere.
5. Conclusione: la nuova idea politica di Aristocraticismo e la Rivoluzione Aristocratica
Concludendo queste nostre brevi riflessioni, noi vogliamo proporre una nuova idea politica che possa contribuire all’elevazione morale e materiale della Patria: l’aristocraticismo, idea portatrice di precisi valori, come è stato illustrato più sopra, capace di attuare una vera e propria Rivoluzione Aristocratica.
Vittorio VETRANO
Immagine del titolo: Oskar Martin-Amorbach, La giornata di lavoro (1941) Immagine di Darré: http://www.rudolfkahl.nl/kraai/part15.htm
(Fine della terza parte; continua con la quarta e ultima parte)