Il Generale Giuseppe Baudoin (13‑8‑1896, 4‑3‑1963) nel ricordo di Giovanni Ruzzier, con ricca documentazione.
GENERALE DI BRIGATA AEREA GIUSEPPE BAUDOIN
Correva l’anno 1958. Frequentavo la Scuola Sottufficiali della Guardia di Finanza al Lido di Ostia.
Fraternizzai presto con gli altri colleghi di corso. Il nostro era il 32° Corso AA.SS. Lo studio era impegnativo. Avevamo degli insegnanti preparati e severi, specie nelle materie di cultura giuridica e tributaria. Ovviamente tutti aspettavamo la domenica. Infatti nelle giornate festive dopo la S.Messa potevamo andare in libera uscita per rientrare in serata. Destinazione Roma con visita alla tante meraviglie che scopri ad ogni passo nella Capitale, Città del Vaticano compresa.
E’ proprio nella Città del Vaticano che grazie alla benevolenza del Cardinale Celso Costantini, Cancelliere di Santa Romana Chiesa, Legionario fiumano con D’Annunzio, al quale in precedenza avevo fatto già visita, che ebbi modo di conoscere dei personaggi eccezionali tra i quali il Cardinale Alfredo Ottaviani Prefetto del Santo Uffizio, rigoroso difensore della tradizione, definito il “carabiniere della Chiesa” che a seguito del Concilio Vaticano II fu contrario al “Novo Ordo Missae”. Incontrai nei Sacri palazzi il Principe Vittorio Emanuele Valperga Lascaris Principe e Conte del Canavese che mi presentò al Generale di Brigata Aerea Giuseppe Baudoin.
Il Principe qualche volta durante la settimana veniva a prelevarmi in caserma all’ora della libera uscita per portarmi a cena. Godevo della sua stima e della sua amicizia. Era un personaggio altero, ma disponibile al colloquio confidenziale.
Introdotto in casa Baudoin, non nascondo con un riverenziale timore di non essere all’altezza della situazione, dovetti presto ricredermi. Al Generale piaceva la discussione, voleva sapere tutto di me, della mia famiglia, della nostra posizione di esuli in Patria. Accade così che tutte le domeniche, durante la frequenza del Corso A.S., ero suo ospite. I pomeriggi passavano veloci con narrazioni di fatti d’arme che insistentemente gli chiedevo e che con dovizia di particolari non mancava di soddisfare le mie curiosità.
Il Generale Baudoin è stato il padre spirituale di tutti i paracadutisti militari italiani. A lui fu affidato l’incarico di istituire la Regia Scuola Nazionale di paracadutismo presso l’aeroporto di Tarquinia. Era il 1937, il Generale, allora Colonnello aveva 43 anni, 23 dei quali vissuti sotto le armi. Appassionato del volo fu sempre di esempio e di incitamento ai suoi dipendenti con i quali, pur nel rigore della disciplina militare, manteneva rapporti paterni volti a tutelare ogni aviere a lui affidato.
Conduceva una vita spartana, dedicandosi alla musica, alla lettura, ma gli piaceva avere in giro per casa molti amici con i quali conversava amabilmente coinvolgendo poi tutti alle sue esigenze di padrone di casa.
Più volte, ottenuto il permesso di pernottare fuori caserma, lo raggiungessi la sera del sabato consumando con lui la cena per concludere la serata in chiacchiere. Mi colpì un suo comportamento. In quegli anni la TV ed anche la radio ad una certa ora chiudevano i programmi con l’Inno nazionale; ecco, a quel punto il vecchio Generale si alzava in piedi per ascoltarlo, assumendo la posizione di “attenti”.
Il soldato prevaleva sempre in ogni attimo della sua vita, ricordava il suo comando delle Forze Aeree in Corsica nel 1942, così come l’8 settembre 1943 che lo vide al suo posto di comando senza abbandonare i suoi uomini, rifiutando le proposte avanzate dai nazisti, rimanendo fedele al giuramento prestato al Re. Tra i reparti che gli diedero grandi soddisfazioni ci furono gli Arditi Distruttori della Regia Aeronautica, un reparto di incursori con compiti, una volta paracadutati, di sabotaggio su installazioni nemiche.
Il Generale era per me una continua esortazione alla lealtà, all’amore per la Patria, allo spirito di sacrificio e senso del dovere. Grande fu il mio dolore quando mi venne annunciata il 4 marzo 1963 la sua morte. Mi sentivo improvvisamente solo. La sua dipartita ha lasciato in me un vuoto incolmabile che anche, oggi, a distanza di tanti anni non viene mai meno, ma ringrazio il buon Dio di avermi concesso la sua stima, il suo affetto, la sua benevolenza, la sua amicizia.
Conservo alcuni cimeli, tra i quali il “cifrato speciale” autografo di Italo Balbo per il Duce, verosimilmente del 1925 e le sue lettere. Un pugnale di rame costruito artigianalmente da un ignoto soldato nel corso della I Guerra mondiale è stato da me donato all’Istituto del Nastro Azzurro di Rimini.
4 marzo 2020
Giovanni RUZZIER