Il 16 Dicembre 1934 si riuniva a Montreux la base della costruenda “Internazionale Fascista”. Prende così forma il sogno di unire i patriottismi sociali in un sol blocco compatto, pronto a proporre al mondo la cosiddetta “Terza Via”, ossia l’alternativa a coloro che in seguito avrebbero costituito i due blocchi della Guerra Fredda.
1. Il Fascismo tra idealità nazionali e universali
Il Fascismo Italiano, nel suo affermarsi e consolidarsi durante lo svolgersi degli anni ’20 del XX secolo, si impone come movimento dichiaratamente nazionale. Non mostra cioè subito una chiara intenzione di volersi proporre al mondo come esempio da imitare, come dottrina ideale per qualunque circostanza spazio-temporale, né tantomeno ritiene opportuno intessere rapporti internazionali basati sulla comunanza di dottrine politiche. Infatti, nelle stesse dichiarazioni dei suoi principali esponenti, raramente si trovano in questi anni accenni a una dimensione dottrinaria sovranazionale, né tanto meno universale.
In effetti il Fascismo nasce su un substrato nettamente caratterizzato a livello etnico, culturale, geografico e religioso: Fascismo è anzitutto Italianità. In che modo dunque il Fascismo diventerebbe universale? In altre parole, è possibile adattare i principî del Fascismo a realtà diverse da quella Italiana?
Secondo Grandi, uno dei principali costruttori del Fascismo, l’azione fascista dovrebbe caratterizzarsi il più possibile in senso nazionale per due motivi sostanziali: il primo, di tipo dottrinale, si riferisce al fatto che il Fascismo, come detto, è un movimento precipuo del Popolo Italiano, legato a tutta una serie di fattori che non si ritrovano eguali negli altri popoli, a partire dal fatto storico e dal fatto religioso; il secondo, di tipo pragmatico, si riferisce al rifiuto di un internazionalismo potenzialmente vincolante in politica estera, tale da poter facilmente danneggiare gli stessi interessi nazionali.
Mussolini e i principali pensatori fascisti non discordavano inizialmente da questa visione. Tuttavia un anno fatidico intervenne a modificare gli atteggiamenti: il 1929. Con la ben nota crisi di quell’anno tutti gli Stati si ritrovarono a dover fare i conti con la robustezza o la fragilità del proprio sistema economico e sociale. L’Italia si scoprì presto come lo Stato che meglio seppe reggere il colpo, sicché il nostro sistema socio-politico fu sempre più spesso considerato all’estero come il modello da imitare per antonomasia.
In diversi paesi europei e non europei erano in effetti già sorti parecchi movimenti che esplicitamente si rifacevano in tutto o in parte ai principî fondamentali del Fascismo e che stavano conquistando un crescente peso politico nel proprio contesto nazionale.
Gli intellettuali, i pensatori e i politici, anzitutto Mussolini, iniziarono perciò a chiedersi: il modello Italiano è dunque esportabile? Il Fascismo Italiano, capace di reggere così bene a una crisi economica mondiale, non ha ormai il diritto e il dovere di indicare la retta via agli altri popoli? Se è vero che il sistema liberaldemocratico ha mostrato con la crisi la sua evidente fallacia e se è vero che il sistema bolscevico, dati alla mano, si dimostra dal punto di vista socio-economico totalmente inefficiente, la strada giusta per tutti non potrebbe essere una terza via, quella via originale che il Fascismo Italiano sta costruendo con successo da una decina d’anni?
L’idea non è fuor di luogo e pian piano si fa strada in Italia sia a livello politico che a livello più propriamente culturale. Mussolini si va vieppiù convincendo che il Fascismo, con il suo sistema economico corporativo e di solidarietà sociale, possa veramente essere la soluzione non più solo per i problemi nazionali, ma altresì per quelli mondiali e in particolar modo per quelli europei. Ed ecco che anche nei discorsi del Capo inizia a farsi strada quel concetto di Fascismo universale che lungo il corso degli anni ’30 si svilupperà notevolmente. Il secolo XX sarà il secolo del Fascismo: come dimenticare le vibranti parole del discorso di Milano del ‘32? E se il Fascismo dev’essere l’idea del secolo, sarà pur sempre Roma a doverla irradiare, visto che Roma è madre del Fascismo, sicché per la terza volta l’Italia sarà investita del ruolo di direttrice della civiltà umana.
Tra gli intellettuali, il vero antesignano della svolta sovranazionale del Fascismo fu il bresciano Asvero Gravelli (1902-1956). Questi, giovanissimo Fascista della prima ora proveniente dal sindacalismo interventista rivoluzionario, era sin dal 1929 direttore del celebre periodico Antieuropa, il cui supplemento era Ottobre (dal 1934 diventato quotidiano).
Asvero Gravelli
Secondo il pensatore bresciano, il Fascismo, Faber Novae Europae, avrebbe dovuto guidare il rinnovamento europeo costituendo, attraverso un vasto e coordinato movimento insurrezionale, l’Antieuropa, cioè un Europa antitetica a quella vagheggiata da liberali e democratici, che già allora, basandosi sui ben noti progetti delle varie conventicole massoniche internazionali, prima fra tutte quella di Coudenhove-Kalergi (celebre in proposito il documento Paneuropa), preparavano il terreno a una futura unione europea strettamente collegata all’altra sponda dell’Atlantico, basata di fatto sull’annullamento delle caratteristiche etniche, culturali e religiose dei popoli a favore di una società consumistica al cui centro vi fosse l’homo oeconomicus. Com’è noto, il progetto si sarebbe effettivamente realizzato molto tempo dopo, con la nascita della NATO, della CEE e in seguito dell’UE.
Invero sia Gravelli che Mussolini ebbero vari contatti con lo stesso Kalergi, il quale, senza pregiudiziali, era a quell’epoca molto attivo nell’intessere rapporti con tutti gli attori del panorama politico europeo: la logica conclusione degli scambi di vedute fu però che le due teorie proposte fossero sostanzialmente antitetiche.
D’altro canto il concetto europeo del Fascismo risultava incompatibile altresì con quello sovietico, che, nonostante la sconfitta del trotskismo, era in prospettiva chiaramente intenzionato a internazionalizzare e diffondere in Europa il fenomeno rosso, ciò che si sarebbe concretizzato nel secondo dopoguerra con l’istituzione del COMECON e del Patto di Varsavia.
Come Gravelli scrisse nel libro Panfascismo a proposito del movimento di Antieuropa:
“Parlo appunto di movimento perché giovani e chiare intelligenze fasciste si sono serrate disinteressatamente attorno a una idea di negazione e nello stesso tempo di creazione. Si trattava di piantare una bandiera di antitesi netta, l’Antieuropa, sulle rovine di un vecchio mondo: era necessaria farla sventolare al vertice di quella costruzione che è l’unità europea, avente come base l’universalità del Fascismo e degli stati corporativi fascisti europei.”
E ancora:
“La nostra lotta ha avuto due aspetti ben distinti: il primo antieuropeo, ossia diretto contro il vecchio mondo del pensiero, contro il demo-liberalismo, il socialismo, la massoneria, il paneuropeismo, contro le vecchie internazionali di antica e superata memoria; il secondo aspetto è quello costruttore, unificatore, chiarificatore. Il Fascismo con “Antieuropa” e con “Ottobre” ha varcato le frontiere: con queste due voci abbiamo imposto la forza delle idee mussoliniane a un mondo incredulo.”
Roma si apprestava così a rappresentare la terza via tra Londra (e in prospettiva Washington) e Mosca, tra capitalismo e comunismo, ovvero, acronisticamente parlando, tra la futura CEE e il futuro COMECON. A tale via avrebbero dovuto ispirarsi tutti i movimenti socialnazionali del continente e, per estensione, del mondo intero, creando così con la loro unità d’intenti, il cosiddetto panfascismo.
Ad esaminare bene tali idealità, non vi è affatto contraddizione con l’assumere il Fascismo come un fenomeno squisitamente Italiano. Del resto già nel 1930 il Duce affermava:
“Oggi io affermo che il Fascismo in quanto idea, dottrina, realizzazione è universale; Italiano nei suoi particolari istituti, esso è universale nello spirito, né potrebbe essere altrimenti. Lo spirito è universale per la sua stessa natura. Si può quindi prevedere una Europa Fascista, una Europa che ispiri le sue istituzioni alle dottrine e alla pratica del Fascismo. Una Europa cioè che risolva, in senso fascista, il problema dello Stato moderno, dello Stato del XX secolo, ben diverso dagli Stati che esistevano prima del 1789 o che si formarono dopo. Il Fascismo oggi risponde ad esigenze di carattere universale.”
In Mussolini ecco dunque conciliata la posizione Grandiana con la posizione Gravelliana: il Fascismo è un fenomeno Romano e Italiano, i cui principî possono (e devono, se si vuole salvare la civiltà europea e mondiale) applicarsi mutatis mutandis alle altre realtà etniche, culturali, religiose e sociali.
2. L’Internazionale Fascista: la fondazione dei CAUR
Nel contesto dello sviluppo dottrinario nazionale successivo alla crisi del ‘29, che vede come si è visto farsi strada l’idea dell’universalismo fascista, si svolge a Roma nel 1932 un significativo convegno dal titolo L’Europa. Al congresso, organizzato da Fondazione Volta e Reale Accademia d’Italia, partecipano anche inviati nazionalsocialisti tedeschi del calibro di Göring e Rosenberg.
Ma è nel luglio del 1933 che, sotto l’egida del Capo del Governo, nascono i CAUR, Comitati d’Azione per l’Universalità di Roma. Tra i sostenitori dell’iniziativa, Suvich e Alfieri.
L’ambizioso scopo dei Comitati è quello di coordinare l’attività di tutti i partiti e i movimenti che nel mondo, e in particolare in Europa, si rifanno in qualche modo al Fascismo. Senza celarlo, i promotori dei Comitati intendono effettivamente prender spunto dal modus operandi sovietico: laddove Mosca si è fatta fonte dell’Internazionale Comunista (Komintern), Roma deve farsi faro dell’Internazionale Fascista.
Ispiratore dei Comitati è il già citato Gravelli, mentre il fiorentino Eugenio Coselschi (1888-1969) ne diviene presidente. Coselschi, avvocato, scrittore e giornalista di idee analoghe a quelle del Gravelli, era tra l’altro un reduce dell’Impresa Fiumana e Deputato di chiara fama.
Eugenio Coselschi
I CAUR si misero così all’opera. Dal lato culturale, si implementò l’opera di Antieuropa e di Ottobre e si promosse una vivace circolazione di idee relative ai cardini del Fascismo ed alla loro applicazione nei diversi contesti etnico-geografici; in questo senso molto attivo fu il Centro Editoriale Nuova Europa, organizzato dal Coselschi. Dal lato organizzativo, si imbastì una rete associativa che collegasse la struttura partitica nazionale con gli stranieri residenti in Italia che ne condividessero gli intenti e con i partiti e gli intellettuali esteri ideologicamente affini, che si riconoscessero mossi dall’universalità ispiratrice di Roma e dall’azione del Duce.Antieuropa
Il 16 e il 17 dicembre 1934 si svolse così in Isvizzera, a Montreux, la prima conferenza internazionale dei CAUR, ovvero il primo congresso internazionale fascista.
Il congresso internazionale fascista di Montreux del 1934
Tra i numerosi movimenti presenti, la Falange Spagnola, rappresentata dallo scrittore Ernesto Giménez Caballero, la Guardia di Ferro Rumena, rappresentata da Ion Moța, l’Unione Nazionale norvegese, rappresentata da Vidkun Quisling, la Guardia Nazionale Irlandese, rappresentata da Eoin O’Duffy, il Partito Francista francese, rappresentato da Marcel Bucard, l’Azione Scolastica d’Avanguardia portoghese, rappresentata da António Eça de Queiroz, nonché rappresentanti di partiti e movimenti attivi in quasi tutti i paesi europei.
Risultò assente il Partito Nazional Socialista dei Lavoratori Tedeschi di Adolf Hitler. In effetti in quest’ultimo movimento vi erano forti dubbi nel riconoscere in Roma la sorgente universale della cosiddetta terza via. Peraltro i CAUR, e lo stesso Gravelli in particolare, deploravano la connotazione eccessivamente razzistica di quel movimento. Lo stesso Gravelli aveva curato negli anni immediatamente precedenti la celebre Inchiesta su Hitler (edita nel 1932), in cui emergeva una posizione nettamente antinazista, nonché opposta alla filosofia di Rosenberg. Senza giri di parole, il pensatore bresciano sosteneva la tesi dell’intellettuale tedesco Anton Hilckmann: i punti di contatto tra Fascismo Italiano e Hitlerismo sono solo esteriori. Se a ciò si aggiunge il fatto che il Nazionalsocialismo Tedesco mirava a diventare esso stesso la guida della terza via, appare logica la mancata partecipazione al convegno di delegati nazionalsocialisti, che pure, come detto, erano stati presenti al convegno L’Europa del 1932.
Nel primo congresso emersero peraltro parecchie istanze differenti su come concepire la terza via, in particolare relativamente al concetto di nazionalismo etnico. In realtà si era di fronte ad un problema apparente, poiché veniva semplicemente confermata l’idea di Grandi, cioè che il Fascismo Italiano non dovesse affatto esportarsi tal quale in ogni paese. Ciò non escludeva affatto che esso potesse fornire un esempio, un modello universale da applicarsi con le dovute differenze in base al contesto etnico, culturale e geografico. Perciò i risultati ottenuti furono tutto sommato positivi.
La comunanza di ideali si consolidò in un’opposizione serrata alle idealità democratiche, comuniste e massoniche. Il riconoscimento dei differenti contesti nazionali fece tosto emergere il concetto di Internazionale di movimenti paralleli. Questa Internazionale di nazionalismi sociali avrebbe dunque tutelato e promosso l’autonomia delle differenti istanze nazionali, pur nel comune riconoscimento della guida spirituale del Fascismo Italiano, rappresentante primo della Romanità Cristiana, capace di attuare l’unità religiosa, spirituale e politica dell’Europa.
Le tematiche più scottanti, che videro emergere posizioni divergenti tra i congressisti, riguardarono soprattutto il concetto di razza e la questione ebraica. In particolare i delegati provenienti dall’area danubiana orientale, dove il problema della plutocrazia ebraica era più sentito e dove più forte era l’attrazione esercitata dall’Hitlerismo, premevano per una risoluzione comune marcatamente antisemita: in ciò trovarono specialmente l’appoggio scandinavo, tra cui quello del norvegese Quisling. Altri delegati, capeggiati dagli Italiani, erano invece nettamente contrari e misero in guardia dal pericolo che la questione ebraica si trasformasse in un’irrazionale campagna d’odio. Si concluse così che se era corretto lavorare contro l’ingerenza della plutocrazia sovranazionale ebraica, era invece da condannare il mero odio razziale.
Nella seconda conferenza, che si tenne sempre a Montreux nell’aprile 1935, si svilupparono ulteriormente i concetti generali di corporativismo e di nazionalismo. Tra i partecipanti a questo secondo congresso vi fu anche Josè Antonio Primo de Rivera, il fondatore della Falange Spagnola.
Dalla dimensione europea si lavorò ben presto per raggiungere una dimensione mondiale, tanto che presto la rete dei CAUR raggiunse l’adesione di movimenti operanti in 39 Nazioni sparse per il mondo. In questo senso va visto il grande lavoro svolto nelle relazioni con i movimenti di moltissimi paesi tra i quali Giappone, Brasile, Canada, Stati Uniti, Sudafrica. Pian piano si intensificheranno altresì i rapporti dell’Italia con India, Iraq e Palestina; rapporti che risulteranno essenziali durante la Seconda Guerra Mondiale.
Col mondo mussulmano in generale si ottennero nella seconda metà degli anni ’30 risultati impensati, tanto che si può dire che prima del tracollo bellico gran parte dei paesi islamici (compresi quelli sottoposti a domini di potenze democratiche quali Francia e Gran Bretagna) fosse diventata filo-Italiana e filo-Fascista. Il mondo islamico, col suo fiero concetto di homo religiosus e di orgoglio etnico, si mostrò infatti subito assai adatto a recepire i principî basilari del Fascismo. Allorché nel 1937 Mussolini innalzò in Libia la spada dell’Islam, egli non fece altro che suggellare questo dato di fatto. E si badi bene, ciò non inficia punto la Cattolicità del Fascismo Italiano, poiché si inquadra perfettamente nel suddetto concetto di universalismo Fascista: esportare le basi sociali, politiche ed economiche dell’idea in contesti etnici, religiosi e culturali diversi.
Inoltre, i rapporti intessuti con personalità quali l’iracheno El Gaylani, il Gran Muftì di Gerusalemme El Husseini e l’Indiano Chandra Bose (nonché lo stesso Gandhi) si inquadravano perfettamente nella più ampia lotta contro la liberaldemocrazia imperialista capeggiata dall’Inghilterra e rappresentata in modo sovranazionale dall’internazionale sionista. Contro quest’ultima lo stesso Coselschi riteneva essenziale una solida alleanza col mondo Islamico.
3. Il declino e lo scioglimento dei CAUR
Nonostante i buoni risultati ottenuti, i CAUR iniziarono il loro declino in maniera concomitante al costituirsi dell’alleanza italo-germanica. Ciò non stupisce, considerando i non buoni rapporti che i comitati avevano col movimento nazionalsocialista tedesco. Va altresì osservato che l’attrazione esercitata dalla Germania Nazionalsocialista su parecchi movimenti d’Europa e del mondo ne stava concretamente vanificando lo scopo principale, fare cioè di Roma il centro propulsore della terza via. All’indomani della stipula del Patto d’Acciaio i CAUR furono infatti sciolti e lo stesso Gravelli, all’entrata in guerra dell’Italia, assunse posizioni più morbide nei confronti dell’alleato germanico, evitando pericolose spaccature del fronte interno. Sulla rivista Antieuropa proclamò infatti l’adesione alla guerra quale sacrosanta lotta del sangue contro l’oro, del lavoro contro il capitalismo, dello spirito contro la materia.
Con la tragica sconfitta bellica, le speranze e le idee politiche sottintese ai CAUR furono totalmente distrutte.
Nonostante ciò lo stesso Gravelli tentò, inizialmente in seno al Movimento Sociale Italiano e con la pubblicazione di Antidiario, di riformulare le principali istanze prebelliche sulla base dell’attualità della cosiddetta guerra fredda. Egli elaborò altresì un interessante progetto di costituzione di un nuovo movimento politico, il Movimento Legionario. Il progetto tuttavia non si concretizzò e presto Gravelli morì prematuramente.
4. Universalismo dell’idea socialnazionale oggi: attualità e prospettive
L’idea della terza via socialnazionale è molto più attuale di ciò che si pensa.
Il sistema dominante cerca di far credere che caduto, almeno nelle sue forme esteriori, il socialcomunismo, sia rimasto un unico modello di vita che si pretende migliore di tutti: la liberaldemocrazia capitalista (frammista in realtà a controvalori appunto di origine comunista).
Tuttavia l’unica salvezza per le civiltà europee (e non solo) risiede proprio nella riscoperta dei valori socialnazionali: Spiritualità, Patria, Lavoro, Identità. Senza questi scudi, l’inerme homo oeconomicus sarà tragicamente distrutto dall’onnipotente globalismo plutocratico e dal suo stesso individualismo edonista.
Gravelli diceva essere imperativo “salvare la civiltà occidentale in pericolo con la più rapida e decisiva penetrazione del pensiero fascista nel mondo”.
Non molto è cambiato, poiché il pericolo è ancor più pressante di allora, sicché oggi noi potremmo parafrasarlo dicendo essere imperativo salvare la società occidentale in pericolo con la più rapida e decisiva riscoperta universale dei valori sociali e nazionali.
Infatti se oggigiorno manca assolutamente uno Stato di riferimento da cui trarre ispirazione, come era allora l’Italia Fascista, è pur vero che i valori di riferimento che possono salvare questa vecchia Europa dal baratro della sterilità, della povertà, dell’individualismo, della globalizzazione e dello svuotamento edonistico del popolo sono gli stessi.
Che lo studio dei CAUR sia per noi motivo di sicura riscoperta degli autentici valori della Romanità Cristiana cui fieramente apparteniamo!
Oggi, come ieri, come domani, siamo sicuri che quella Roma universale per cui Enea fu ne l’empireo ciel per padre eletto: la quale e ’l quale, a voler dir lo vero, fu stabilita per lo loco santo u’ siede il successor del maggior Piero, salverà il mondo.
Vittorio VETRANO
Bibliografia