IN MEMORIA DI GIOVANNINO GUARESCHI

Era il 22 luglio del 1968, quando si spense Giovannino Oliviero Giuseppe Guareschi, giornalista, umorista, caricaturista, nonché lo scrittore italiano più tradotto e letto nel mondo. 


Una figura complessa, profonda ma estremamente umile al contempo; le sue opere gli diedero enorme notorietà, ma al contempo fu spesso sottovalutato in Italia, confermando il vecchio detto "nessuno è profeta in patria". 

Per capire e per comprendere Guareschi, bisogna in primo luogo cercare la Bassa; perché la Bassa si cerca, non si capisce. La fetta di terra che si stende dall' Appennino al grande fiume, è il cuore di Giovannino. Il mondo piccolo, della gente per bene, che spesso ragiona con il bastone, ma che vuol far le cose da galantuomo. In questa terra, di ardenti passioni politiche, nasce Giovannino, il primo maggio 1908; figlio del commerciante Primo Augusto Guareschi e Lina Maghenzani, lui commerciante socialista e lei devota cattolica e fervente monarchica, era maestra elementare del paese. 

La famiglia e la sua terra saranno l'humus in cui si forma Guareschi, e che daranno vita ai suoi racconti, con i personaggi oramai iconici di Don Camillo, Peppone, la vecchia maestra e il Brusco ecc... La grande capacità di Guareschi fu quella di raccontare soprattutto, i suoi valori, pilastri immutabili in un' Italia senza identità. La guerra aveva ridotto il paese a pezzi, non solo con i bombardamenti, ma lo stesso spirito italiano era diventato "provvisorio". Giovannino in questo clima fu in prima fila, in primis nella difesa dell' istituzione nel quale credeva; la monarchia per Guareschi era un pilastro fondamentale, fondamento stesso della nazione, egli era  "Monarchico in quanto Italiano, Italiano in quanto Monarchico". A Re Umberto II, Giovannino dedicò e realizzò scritti toccanti come "Colpo di stato", o vignette cariche di rispetto e fedeltà. L'attivismo politico di Guareschi, si concentrò, anche nella lotta contro il comunismo; il supporto alla Democrazia Cristiana come argine ai comunisti vide Guareschi in prima fila, celebre fu la vignetta "nel segreto della cabina elettorale Dio vi vede e Stalin no", realizzata per le elezioni politiche del 1948. La vicinanza alla DC non durò tantissimo, i rapporti con De Gasperi furono assai burrascosi e condussero addirittura al carcere lo stesso Guareschi, inoltre le scelte politiche della democrazia cristiana delusero profondamente lo scrittore emiliano.Altro grande pilastro di Giovannino, era la fede, quella semplice ma profondissima trasmessa dalla madre. La fede meravigliosa, che traspare nei dialoghi tra Don Camillo e il Cristo dell' altar maggiore. Un attaccamento religioso, che non fu scalfito dagli anni difficili del concilio ecumenico Vaticano II° e delle novità da esso apportate; lo stravolgimento modernista vide in Giovannino un convinto difensore della tradizione cattolica, come egli stesso disse: “Il mondo cambia ma gli uomini rimangono come Dio li ha creati perché Dio non ha fatto alcuna riforma e le sue leggi sono perfette, eterne e immutabili”. Queste leggi eterne che videro anche la realizzazione di un film, intitolato "la Rabbia", in collaborazione con Pier Paolo Pasolini; una pellicola di critica al mondo e alla civiltà moderna, con le sue ipocrisie e i suoi falsi idoli. 

Con la sua scomparsa, morì una delle più grandi penne della nostra letteratura. I suoi funerali disertati dai politici e dagli intellettuali di regime, videro invece la grande partecipazione della gente comune, che non dimentica e conosce il rispetto, presenti anche Enzo Biagi e Enzo Ferrari. La Bassa rese il doveroso omaggio al Guareschi, la bara di noce chiaro portata a spalla dal figlio e dagli amici di sempre, era avvolta dal tricolore con lo scudo sabaudo bagnato dalle lacrime della pioggia; la messa celebrata in latino, come da sua volontà, vide l'esecuzione del requiem di Verdi. 

Guareschi, uomo semplice, onesto e soprattutto libero, perché come egli scrisse: "Libertà è dovunque vive un uomo che si sente libero. Libertà significa coscienza della propria personalità e dei propri doveri: ciò non può piacere al vile che ha il terrore d'assumersi delle responsabilità e di agire in modo consono alla propria responsabilità. Libertà significa lotta, fede, sacrifici, fatica, studio, lavoro illuminato dall'intelligenza e da un fine: ciò non può piacere all'inetto. Libertà significa rispetto di sé, degli altri e delle leggi basilari che regolano il vivere secondo Dio e secondo la civiltà. Ciò non può piacere al vile che desidera soltanto sottrarsi al dominio della sua coscienza personale per adeguarsi alla coscienza collettiva. Amerai il prossimo tuo come te stesso: se questa è la legge, è dovere di ognuno amare se stesso. Non si deve disprezzare il dono meraviglioso che Dio ci ha dato: Egli ci ha dato una personalità e una coscienza alle quali non dovremo rinunciare. Sul letto di morte, ci troveremo soli a rispondere a Dio delle nostre azioni".


Alessio BENASSI