Il 9 gennaio ricorre la scomparsa di Sua Maestà Vittorio Emanuele II, il primo Re dell'Italia e Padre della Patria, spirato a Roma al palazzo del Quirinale nel 1878. Il lutto per la morte del monarca fu unanime, tutti gli italiani riconobbero il valore del Re: dalle Alpi alla Sicilia la nazione intera rese omaggio al protagonista del Risorgimento così come tutte le forze politiche.
Vittorio Emanuele II, educato sin da giovane principe al suo futuro di Re, prende possesso della corona sul triste campo di battaglia di Novara nel 1849, dopo l'abdicazione del padre Carlo Alberto. Con la stessa tenacia, quel giovane monarca, riesce a superare la sconfitta nella prima guerra d'indipendenza, tenendo alto il capo innanzi al Feldmaresciallo Radetzky proclamando che non avrebbe ritirato lo statuto, perché:<<Casa Savoia conosce la via dell’esilio, ma non quella del disonore>>.
A Vignale il "Principe guerriero" di Goito era diventato il "Re Galantuomo", risollevò le sorti del Regno di Sardegna, seppe coniugare tutti gli sforzi possibili dello Stato e dell'esercito che seppur piccoli seppero tenere la schiena dritta. Colse le capacità di uomini politici come Cavour e D'Azeglio, anche se a volte non ne condivideva le idee, e li appoggiò preparando la strada per la riscossa. Con il discorso del "grido di dolore", pronunziato il 10 gennaio 1859 all'apertura del Parlamento subalpino, assunse la voce di tutto il popolo italiano, ergendosi a guida della lotta per l'indipendenza. Lo stesso anno la politica estera di Cavour diede i suoi frutti, la seconda guerra d'indipendenza, le vittorie di San Martino e Solferino portarono alla liberazione della Lombardia, seguita dai plebisciti dei Ducati di Parma e Piacenza, Modena e Reggio e il Granducato di Toscana.
Nel 1860 il Re diede il suo appoggio a Garibaldi la cui impresa portò all' unione del Regno delle due Sicilie con il resto d'Italia, atto che trovò coronamento a Teano. Il 1861 fu l'anno della proclamazione del Regno d'Italia, il 17 marzo Vittorio Emanuele II divenne ufficialmente Re d'Italia "Per grazia di Dio e per volontà della Nazione".
Nel 1866 con la terza guerra d'indipendenza, ci fu l'annessione del Veneto e nel 1870 fu il turno del Lazio con Roma capitale, ultimo coronamento dell'epopea del monarca, che riscattò la memoria del padre e della propria Casa, portando a compimento l'impresa unica dell'unificazione della Patria.
Alle ore 14.30 di quel 9 gennaio 1878, il Re che aveva conquistato gli allori della vittoria sui campi di battaglia si arrese alla malattia.
Si fece sistemare sul letto, salutò tutti i dignitari di corte, ricevette il viatico dei moribondi come Re e peccatore da Monsignor d'Anzino suo cappellano e infine restò solo con Umberto, Margherita e Emanuele Mirafiori. Con il conforto della fede e l'affetto dei suoi cari si spense il "primo soldato della causa italiana", il Gran Re.
Ai suoi funerali tutta l'Italia fu presente; sebbene fosse desiderio del monarca essere sepolto a Superga, si decise infine per la basilica del Pantheon nell'Urbe. Nel libro "Cuore", lo scrittore Edmondo De Amicis, descrive con queste parole l'ultimo saluto della Patria al suo genitore: "ottanta veli neri caddero, cento medaglie urtarono contro la cassa, e quello strepito sonoro e confuso, che rimescolò il sangue di tutti, fu come il suono di mille voci umane che dicessero tutte insieme: - Addio, buon Re, prode Re, leale Re! Tu vivrai nel cuore del tuo popolo finché splenderà il sole sopra l'Italia", e con queste stesse parole noi vogliamo ricordarlo oggi.
Alessio BENASSI