La seconda battaglia del Piave, rinominata "battaglia del solstizio" da Gabriele d'Annunzio, fu combattuta dal 15 al 24 giugno del 1918. Il nostro Circolo desidera ricordare questa pagina di eroismo italiano con le parole di Alessio Benassi.
La seconda battaglia del Piave, rinominata "battaglia del solstizio" da Gabriele d'Annunzio, fu combattuta dal 15 al 24 giugno del 1918.
Dopo lo sfondamento di Caporetto nell'ottobre del 1917, le forze dell'Imperial Regio Esercito austro-ungarico si erano attestate sulla linea del Piave, lo scopo principale dell'alto comando di Vienna era rompere la linea difensiva italiana attaccando dal Passo del Tonale, altopiano dei Sette Comuni, monte Grappa e ovviamente sul fiume Piave. Lo scopo strategico degli austriaci, sin dal marzo del 1918 era appoggiare l'offensiva tedesca di Ludendorff sul fronte occidentale, inoltre era di importanza strategica per Vienna raggiungere la pianura Padana, impossessarsi delle vettovaglie italiane e dei ricchi campi di grano della Lombardia.
Dall'altra parte il Comando Supremo del Regio Esercito Italiano, sin dopo Caporetto, aveva preparato e predisposto le difese sulla linea del Piave, decisione difesa dal Re Vittorio Emanuele III al convegno di Peschiera d'innanzi agli alleati. Inoltre, sin da febbraio, le nostre forze avevano sopperito alle perdite dell'anno prima, predisponendo armamenti e vettovagliamenti di tutti rispetto, la forza armata contava cinquantaquattro divisioni, il 10 aprile al fronte l'Italia schierava 232 caccia, 66 bombardieri e 205 ricognitori oltre ai rinforzi dalla Francia con 20 ricognitori e dall'Inghilterra con 54 caccia e 26 ricognitori.
Nel mese di giugno l'aviazione italiana in zona di guerra disponeva di 65 squadriglie e 9 Sezioni con 647 aerei per 770 piloti, 474 osservatori, 176 mitraglieri, 916 motoristi e 477 montatori. Le spie italiane avevano fatto un ottimo lavoro, riuscendo a conoscere in anticipo data, luogo e ora degli attacchi nemici, predisponendosi di conseguenza. La conoscenza dei piani nemici portò, nella del Monte Grappa e dell'Altopiano dei Sette Comuni, all'attuazione della tattica di "contropreparazione anticipata", in particolare da parte dell'artiglieria della 6ª Armata, comandata dal gen. Roberto Segre, dal quale dipendeva il VII Gruppo (poi 7º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre). Le artiglierie del Regio Esercito, appena dopo la mezzanotte del 15 giugno, per quasi cinque ore spararono decine di migliaia di proiettili di grosso calibro, tanto che gli alpini che salivano a piedi sul Monte Grappa videro l'intero fronte illuminato a giorno sino al mare Adriatico.
Ai primi contrattacchi italiani sul Monte Grappa, molti soldati austriaci abbandonarono i fucili e scapparono, tanto che i gendarmi riuscirono a bloccare i fuggitivi solamente nella piana di Villaco. Questa preparazione inoltre ebbe il supporto fondamentale del morale, la truppa e la popolazione civile videro la difesa del Piave come la grande difesa della Patria contro il "barbaro invasore", fondando un nuovo spirito unitario, nazionale e patriottico.
Il mattino del 15 gli austriaci attaccarono con impeto arrivando da Pieve di Soligo-Falzè di Piave, riuscirono a conquistare il Montello e il paese di Nervesa. La loro avanzata continuò successivamente sino a Bavaria (sulla direttiva per Arcade), ma furono fermati dalla possente controffensiva italiana. La forza aeronautica italiana riuscì ad ingaggiare furiose battaglie contro gli austriaci, in questo teatro bellico morì il maggiore Francesco Baracca, eroe e asso della nostra aviazione. Le passerelle austriache gettate sul Piave furono ripetutamente ed incessantemente attaccate e distrutte, centellinando i collegamenti oltre il fiume e rallentando la fornitura di munizioni e viveri. Questo spinse gli austriaci sulla difensiva, e dopo una settimana di serrati contrattacchi italiani, le nostre forze ebbero il sopravvento costringendo il nemico alla ritirata con il fiume Piave in piena.
Nelle ore successive, il Re Vittorio Emanuele III fu tra i primi a arrivare a Nervesa liberata ma completamente distrutta. Le truppe austro-ungariche attraversarono il Piave anche in altre zone, come a Grave di Papadopoli, ma si dovettero successivamente ritirare. A Ponte di Piave percorsero la direttrice ferroviaria Portogruaro-Treviso, dopo alcune settimane di lotta, nella zona di Fagarè, vennero respinte dagli arditi italiani. Passarono il Piave anche a Candelù, da Salgareda raggiunsero Zenson e Fossalta, ma la loro offensiva si spense in pochi giorni. Nel basso corso del Piave, verso il mare, i cannoni della Regia Marina diedero man forte ai soldati italiani, respingendo l'attacco degli austriaci. L'offensiva degli imperiali si tramutò in una completa disfatta, tutte le teste di ponte sul Piave furono respinte, la resistenza italiana fu accanita e tenacissima.
La sconfitta fu cocente per Vienna, di questo si convinse in primis il generale croato Borojevic, che comprese la portata della disfatta, il crollo del morale dell'esercito e della popolazione civile in previsione della definitiva disgregazione dell'Impero, mentre un'Italia più forte, rinsaldata sul Piave, riunita sotto una sola bandiera, sotto la guida del Re soldato, aveva drizzato la spina dorsale dopo Caporetto, predisponendo le basi per la battaglia di Vittorio Veneto e la Vittoria sul fronte italiano nel novembre 1918.
Alessio BENASSI
Foto di copertina: "Casa sinistrata con una famosa scritta patriottica a Fagarè della Battaglia durante la Battaglia del solstizio", da wikipedia.