Il Prof. Federico Catani ci invita a riflettere sulla recente Benedizione "Urbi et Orbi", impartita da Papa Francesco in una Piazza San Pietro tanto surreale quanto evocativa.
LA BENEDIZIONE URBI ET ORBI DI PAPA FRANCESCO: ALCUNE RIFLESSIONI
La preghiera di Papa Francesco a Piazza San Pietro la sera di venerdì 27 marzo è uno di quegli eventi che resterà negli annali della storia della Chiesa.
Nonostante ciò, non ha trovato sui giornali lo spazio che avrebbe meritato. Forse perché quel che è avvenuto è stato un atto di per sé molto tradizionale: cosa c’è infatti di più “reazionario” dell’adorazione eucaristica e della benedizione Urbi et Orbi (con annessa indulgenza plenaria) con il Santissimo Sacramento? Cosa di più squisitamente devozionale di una preghiera davanti al Crocifisso miracoloso della chiesa romana di San Marcello al Corso e alla immagine mariana della Salus Populi Romani della basilica di Santa Maria Maggiore?
Certo, alcuni tradizionalisti hanno protestato per il fatto che il Papa, come sempre, non si è inginocchiato davanti al Santissimo Sacramento; che il suo discorso è stato alquanto deludente e senza un grande slancio soprannaturale, del tutto manchevole di concetti come castigo, penitenza, riparazione, espiazione; che le litanie recitate erano chiaramente di matrice progressista. Tutto condivisibile.
Ma il valore della preghiera di quella sera sta specialmente nei simboli, nell’immaginario suscitato nel cuore di chi ha assistito, nel contesto in cui si è svolto.
Probabilmente nessun regista o scenografo avrebbe mai pensato ad un ambiente tanto evocativo. La pioggia battente, il cielo plumbeo, il silenzio assordante e il vuoto spettrale della piazza, il tempo che sembrava essersi fermato, la solitudine del Papa, che si è diretto al sagrato con evidenti difficoltà di movimento, hanno suscitato un senso di angoscia e ha indotto molti a pensare alla visione del terzo segreto di Fatima.
«.... E vedemmo (qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti), in una luce immensa che è Dio, un vescovo vestito di bianco (abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre), altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande Croce di tronchi grezzi, come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo, con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce....».
Costrette all’isolamento, senza le distrazioni frenetiche del mondo moderno, e perciò con l’anima aperta a panorami solitamente sepolti dai mille impegni quotidiani, gli spettatori sono stati trasportati verso un’altra dimensione, così elevata da toccare il Cielo. Le persone sono state colpite non tanto dalle parole di Papa Francesco – sulle quali appunto si potrebbero fare svariati commenti, non proprio positivi – quanto dalla grandezza biblica della scena. Ed ecco che improvvisamente il tema Fatima, che sembrava relegato in soffitta, è balzato nuovamente in primo piano tra molti credenti.
Volente o no (e personalmente propendo più per la seconda ipotesi, ahimé), Papa Francesco ha risvegliato nel cuore di tanti il senso del mistero, o almeno il dubbio che a guidare la storia dell’umanità vi sia Qualcuno e non il caso. E chissà, magari anche l’idea che sì, Dio castiga l’umanità per i suoi enormi peccati. Cos’altro può essere infatti la pandemia di Covid-19 se non un mezzo che Dio usa per richiamarci a Lui, per destarci dall’indifferenza verso di Lui, per convertirci, e per farci capire che Lo abbiamo gravemente offeso? I motivi non mancano: mai come negli ultimi decenni l’umanità (e molti membri della stessa Chiesa cattolica) ha voltato le spalle al suo Creatore e gli ha dichiarato guerra. È normale dunque che Dio, estremamente giusto e misericordioso, intervenga per rimettere ordine. Sapranno gli uomini ascoltare il suo richiamo? Sapranno comprendere il suo avvertimento?
C’è poi un ultimo punto che sembra utile richiamare. Tutti siamo rimasti colpiti dalla solitudine del Pontefice. Ebbene, in questa solitudine c’era tutta la grandezza del Papato, a prescindere dalle miserie umane di chi di volta in volta ricopre la carica. In questi momenti così gravi e solenni, drammatici e decisivi, non v’è collegialità o sinodalità che tenga. C’è il Vicario di Cristo solo, il Pontifex supremo che unisce Cielo e Terra - un po’ come il sommo sacerdote mentre entra in solitudine nel Sancta Sanctorum del Tempio -, portando sulle sue spalle tutto il peso dell’umanità peccatrice, e l’unico che può placare l’ira di Dio e intercedere per gli uomini.
Ebbene, se Papa Francesco volesse, potrebbe davvero guidare una grande opera di ricristianizzazione della società. In questo momento avrebbe tutta l’autorevolezza e il seguito per iniziare a farlo. Il contesto è quello giusto per riportare gli uomini a Dio. Perché non legge “i segni dei tempi”?
Federico Catani