Il ricordo del grande musicista tedesco nell'anniversario della sua morte: la sua opera, caratterizzata dal risveglio dei più profondi valori europei, costituisce un grande riferimento culturale per la nostra civiltà. Ce ne parla in questo dòtto articolo Vittorio Vetrano.
Il 13 febbraio 1883 moriva a Venezia, all’età di poco meno di settant’anni, Riccardo Wagner. Poco più di un decennio prima, nel 1871, più che ventennali fermenti politici avevano portato, sotto la guida del Regno di Prussia, alla proclamazione del II Reich, l’Impero Tedesco. L’Impero, al cui vertice erano il Kaiser Guglielmo I di Hohenzollern e il Cancelliere Ottone di Bismarck, si strutturava come una confederazione di 4 Regni, 6 Granducati, 6 Ducati, 7 Principati e 3 Città Libere ed Anseatiche. L’Imperatore era anche Re di Prussia, il che dava a questo Regno un evidente ruolo di preminenza politica.
Dopo secoli di divisioni e di allontanamento dalla centralità politica austriaca del I Reich (Sacro Romano Impero, poi semplicemente Impero d’Austria), gli Stati tedeschi tornano così alla ribalta, forti di un nuovo patriottismo unitario che poggia le sue basi ideologiche proprio su quei supremi valori della civiltà tedesca riscoperti ed espressi alla millesima potenza dall’arte e in particolare dalla musica. E il culmine di quest’arte ha in Germania un nome: Riccardo Wagner.
Di fronte a Riccardo Wagner ci si trova subito innanzi ad una personalità poliedrica e difficilmente riconducibile ad etichette. Come si può leggere in una sua nota biografia (1) egli fu compositore, direttore d’orchestra, poeta, filologo, conferenziere, rivoluzionario, alpinista, autore di innumerevoli lunghe lettere, cortigiano, banchiere e architetto; ma fu anche sceneggiatore, viaggiatore, scrittore e saggista, tanto che la sola disamina di tutte le sue opere, musicali e non, richiederebbe una cospicua monografia, che diventerebbe addirittura enorme se intesa come biografia completa. Qui non vogliamo certo avventurarci in tale immane impresa; vogliamo bensì limitarci a tratteggiare brevemente ciò che fa di Wagner il padre del Germanesimo moderno.
Anzitutto occorre notare che, accostandosi alla figura del grande compositore, di primo acchito non appare affatto un ben preciso indirizzo politico, né un particolare nazionalismo; appare invece subito una dirompente volontà di dare al mondo tedesco una precisa identità artistica se non addirittura spirituale. In molti lo dissero contraddittorio: alcuni lo soprannominarono Il rivoluzionario di Dresda poiché nel 1848 appoggiò l’anarchico Bakunin, ma al contempo altri lo dissero reazionario quando nel Lohengrin dipinse come “mostruosa” la figura di Ortruda, in quanto “donna che si occupa di politica”. Fu considerato monarchico e repubblicano al contempo, come quando nel 1848 propose una repubblica con a capo un Principe Sassone della Casata dei Wettin. Lo si può dire restauratore, e quindi estremo indagatore delle origini arcaiche e letterarie del Germanesimo, ma anche travolgentemente novatore e desideroso di rivoluzionare completamente la musica e il teatro: basti pensare all’impostazione dirompente del continuum musicale, alla genialità degli infiniti leitmotiven (2) ed all’innovazione financo nella stessa struttura fisica del teatro, come nella vera e propria invenzione del cosiddetto golfo mistico, luogo recondito ove l’orchestra si cela completamente al pubblico, caratteristica del suo Festspielhaus.
Ma ad uno studio più approfondito, tosto ci si chiede: ma chi è dunque realmente Wagner? E’ veramente contraddittorio? Presto si trova la risposta: egli non lo è affatto. Infatti è proprio qui che emerge l’idealità filosofica Wagneriana, che si fa quasi anticipatrice di quella terza via politica che parecchi decenni più tardi il Fascismo avrebbe proposto all’Europa. Non esiste quell’antitesi politica infinita di destra/sinistra che purtroppo è ritornata tristemente di moda oggigiorno, ma esiste bensì un tutt’uno che racchiude tutto ciò che di buono, giusto e nobile ha creato, crea e creerà la Patria: è più semplicemente la Nazione, la Schiatta, l’Heimatland (3): è la Germania.
In relazione alle tematiche sociali, lo stesso Wagner si fa promotore di un concetto di popolo legato ai concetti di sacrificio e necessità, in opposizione a quelli di lusso e superfluo. Egli scrisse: «Il popolo è l'insieme di tutti coloro che provano una necessità comune. Dove non esiste necessità non esiste vero bisogno. Dove non esiste vero bisogno pullulano tutti i vizi, tutti i delitti contro la natura, ossia il bisogno immaginario. Ora, la soddisfazione di tale fittizio bisogno è il “lusso”. Il lusso non può mai essere soddisfatto perché, essendo qualcosa di falso, non esiste per esso un contrario vero e reale in grado di soddisfarlo e assorbirlo. Esso consuma, tortura, prostra la vita di milioni di poveri, costringe un intero mondo nelle ferree catene del dispotismo, senza riuscire a spezzare le catene d’oro del tiranno. È l’anima dell'industria che uccide l'uomo per usarlo come una macchina.» (4). Come non cogliere la vicinanza a quel ruralismo antiborghese così tipico delle idealità sociali e nazionali?
E’ naturale che, proprio a motivo di queste idealità, il III Reich Nazionalsocialista abbia visto in Wagner colui che più di ogni altro sia riuscito a tradurre in musica i più autentici valori del Germanesimo. Naturalmente è proprio qui che sorgono diffusi equivoci, il più delle volte dettati da parzialità ideologiche. E’ evidente infatti che per una storiografia di parte, tutta presa dalla furia contro i vinti, ciò costituisca un problema. Alcuni perciò, allo scopo di difendere Wagner, cercano in qualche modo di dimostrare come questi esprimesse valori e ideali non così collimanti con quelli del Nazionalsocialismo. Ebbene, codesta posizione è assolutamente da rigettare, non tanto per l’evidente anacronismo che rende di per sé assurda la diatriba (nell’800 l’ideologia Nazionalsocialista era ben lungi dall’essere costituita), quanto perché un occhio equilibrato e imparziale non ha bisogno di ricercare né scuse né apologie. Il fatto è semplice: Wagner riesce ad esprimere in modo eccezionale i valori fondanti della schiatta Germanica: ciò è innegabile. E il Nazionalsocialismo cercò a suo modo, nel bene e nel male, di esprimerli, e anche questo è innegabile. Pertanto è più che logico che Wagner fosse considerato un punto di riferimento dal Regime Nazionalsocialista, che si fece infatti promotore del grandioso Festival di Bayreuth, con esiti musicali indubbiamente memorabili. Lo stesso Adolfo Hitler era un intimo amico di Winifred Wagner, nuora del compositore e Direttrice del Festival sin dal 1930.
Winifred Wagner con Adolfo Hitler
Wagner, un po’ come Verdi in Italia, rappresenta in qualche modo nella musica l’entusiasmo e la volontà ferrea di una Nazione di emergere, di creare una propria arte, degna dell’ambizione e del valore di popoli giovani in cerca di gloria e di riscatto rivoluzionario. Non a caso nel 1859 egli simpatizzò apertamente per il Piemonte contro l’Austria, considerata evidentemente non affatto depositaria dei valori tedeschi.
E’ chiaro perciò che il Deutschland erwache! (5) che gridavano le Camicie Brune e il Wir stürmen die Welt! (6) che cantavano i giovani della Hitlerjugend (7) riecheggia di uno spirito tutto Wagneriano. Non si capisce oggettivamente come ciò dovrebbe andare a detrimento del valore del compositore e del pensatore tedesco, se non prendendo le mosse da un presupposto esclusivamente ideologico, oltreché, come detto, anacronistico.
Passando ad esaminare più nel dettaglio l’opera musicale Wagneriana, tenendo presente l’impossibilità di descriverla compiutamente in questa sede, ci limiteremo ad analizzare brevemente il monumentale ciclo dell’Anello del Nibelungo (der Ring des Nibelungen), che ci sembra particolarmente indicativo per il fine che ci siamo prefissati.
Questo ciclo operistico può considerarsi una vera e propria dichiarazione d’intenti del Germanesimo e porta a compimento il romanticismo musicale tedesco che aveva posto le sue fondamenta in quel movimento pre-romantico il cui esponente principe era stato Carl Maria von Weber (1786-1826), di cui non si può non ricordare il capolavoro, il Franco cacciatore (der Freischütz).
L’Anello del Nibelungo, che è una tetralogia, occupò anni e anni di lavoro e Wagner ne scrisse sia il libretto sia la musica, curandone altresì la sceneggiatura: da notare che è assai raro che il compositore abbia anche tali ruoli. Si hanno un prologo (l’Oro del Reno, das Rheingold) e tre giornate (la Valchiria, die Walküre; Sigfrido, Siegfried; il Crepuscolo degli Dei, Götterdämmerung). Il tutto può ben definirsi il superbo riassunto di tutta la mitologia nordico-germanica, l’espressione di una cosmologia e di una escatologia pratiche, atte a diventare simbolo e manifesto delle peculiarità del popolo tedesco, dei suoi valori supremi, della sua unità e dunque del suo patriottismo. La storia è lunga e complessa e affonda le sue radici in una serie di antichi miti nordici, in particolare i canti degli eroi dell’Edda (vecchia e nuova) e la saga dei Volsunghi (Völsungasaga). Su di essi Wagner costruisce un’elaborazione originale in modo da renderli autenticamente espressione del sentimento tedesco. Il cosmo in cui si muove il dramma è la trasposizione fantastica del mondo e dei valori germanici ed è alquanto diverso da quello greco-romano: è infatti un cosmo dove i confini vita/morte, aldilà/aldiqua, dei/uomini sono assai labili. L’intero universo è sostenuto dal frassino del mondo e comprende i vari regni tra loro collegati, i cui principali sono sostanzialmente quattro: il regno del sottosuolo (Nibelheim), abitato dai nibelunghi, sorta di nani orribili, meschini, avidi e falsi, abili nell’arte del forgiare i metalli; il regno del soprassuolo (Riesenheim), abitato dai giganti, esseri enormi e forti quanto inetti; il regno degli dei e dei guerrieri (Walhall, dacché fu costruita la maestosa reggia), abitato da dei, semidei e umani di particolare lignaggio; i regni degli uomini, costituiti dalle varie razze umane, come i Gibicunghi. Storia a sé fa la schiatta dei Volsunghi, generata direttamente da Odino, che, rispetto al greco Zeus, è un “padre degli dei” con poteri di gran lunga più limitati. Infatti, contrariamente ad altre mitologie, nella mitologia tedesca gli dei sono spesso piuttosto deboli se non addirittura mortali.
Un episodio della saga: Sigfrido si accinge a svegliare la valchiria Brunilde in un quadro di Charles Ernest Butler
La vicenda ruota attorno ad un anello magico che dà il massimo potere sul mondo e deriva dall’oro in origine custodito dalle Figlie del Reno nel letto dello stesso fiume sacro. Una lunga serie di vicende e intrecci tra un gran numero di personaggi porta l’anello in varie mani, finché esso non torna al fiume in una maestosa rigenerazione dell’intiero universo. Tra i concetti e i valori che emergono anche a una breve lettura della saga trovasi anzitutto la fedeltà tedesca (Deutsche Treue), simboleggiata dalle rune incise sulla lancia di Odino, il quale infatti decade non riuscendo ad ottemperare a tutti i patti stretti. Segue poi il concetto di schiatta e di purezza del sangue, estremizzato simbolicamente a tal punto che al fine di generare l’eroe purissimo della razza Volsunga (Sigfrido), Odino permette l’unione tra i due gemelli Sigmund e Sieglinde. Si ha poi il concetto di rigenerazione del mondo corrotto in una nuova umanità, per quanto quest’ultima non venga chiaramente definita alla fine della saga.
Se nell’Anello si ha il recupero e l’esaltazione delle reminiscenze pre-Cristiane, nel Lohengrin e soprattutto nel Parsifal si ha invece l’esplosione di un Cristianesimo assoluto, cavalleresco e mistico: si può ben dire che sommando tutti i capolavori citati, Wagner appare come un chierico medievale che, recuperando i classici in chiave Cristiana, riesce a creare un tutto assoluto come base dello spirito e della civiltà nazionale. Come del resto in lui l’opera diventa quel tutto assoluto (Gesamtkunstwerk, opera d’arte totale), sintesi dell’arte generale, che unisce musica, poesia, recitazione, arti figurative e sceneggiatura.
Per conoscere a fondo un popolo è essenziale indagarne l’arte musicale e il caso tedesco ne è un esempio paradigmatico. Si può ben dire che ascoltando un’opera di Wagner, un Lied tradizionale o un canto patriottico, si conosce assai più della Germania di quanto si potrebbe fare leggendo una monografia.
In conclusione, Riccardo Wagner è un uomo che è riuscito ad esprimere valori e idealità che si potrebbero dire basilari non solo per la civiltà germanica, ma più in generale per la civiltà europea. Questi sono i valori della fedeltà, dell’appartenenza, della socialità, della fierezza. Per tale motivo egli è un musicista, un artista, un pensatore che merita studio e conoscenza non solo da parte di ogni buon Tedesco, ma in generale da parte di ogni buon Europeo.
Vittorio VETRANO
Foto di copertina: da https://lastfm.freetls.fastly.net/i/u/ar0/115c860b8192d0b503f1b603fdcbd33b.jpg
[1] Armando Curcio Editore, Grande Enciclopedia della Musica Classica (1980)
[2] Motivi musicali ripetuti riferentisi a personaggi, fatti, oggetti, concetti specifici
[3] Terra patria
[4] Wagner R. (1849), L'opera d'arte dell'avvenire (Das Kunstwerk der Zukunft)
[5] “Germania svegliati!”
[6] “Noi diamo l’assalto al mondo!”: ma il verbo stürmen deriva dal concetto di “tempesta” ed è il più adatto ad esprimere un “assalto” squisitamente “romantico” e dunque decisamente Wagneriano
[7] Gioventù Hitleriana