DIO PATRIA FAMIGLIA

Nel corso di questa campagna elettorale, sia sul fronte progressista sia su quello conservatore, è rimbalzato il motto "Dio Patria Famiglia". Parole usate come bandiera, da alcuni come valori ideali da altri come catene oscurantiste del passato, e perciò vilipese. Esempio lampante come l'ex senatrice democratica Monica Cirinnà, paladina delle istanze arcobaleno, abbia bistrattato queste parole, al contrario difese e usate come esponenti politici come la Meloni o del mondo della cultura come il direttore d'orchestra Beatrice Venenzi.


Queste tre semplici parole, si possono racchiudere i valori fondanti di una nazione e di un popolo. 

La base fondante di "Dio" è il primo valore identificativo di un popolo, la superiorità trascendentale ed unificante del divino è la base più alta di ogni civiltà. In questo la nazione italiana, erede della bimillenaria storia romana e cristiana, conserva la luce della fede come un valore. Il Venerabile Pontefice Pio XII, durante un suo intervento nel marzo del 1958, disse: "L'Italia, ideata e voluta da Dio come terra in cui ha sede il centro della sua Chiesa, fu oggetto, come di un suo speciale amore, così di una sua specialissima azione. Nessun popolo ha, come il popolo italiano, i suoi destini congiunti con l'opera di Cristo".

In egual misura, in tempi più recenti, Sua Altezza Reale il Principe Amedeo di Savoia, scomparso nel 2021, sottolineò l'importanza del termine "Dio" nella costituzione del 1948, e favorevole all'inserimento del principio divino nella nostra carta costituzionale. Al contrario presente e ben diffuso, paradossalmente, negli USA con il motto "In God we trust". 

Inoltre, citando il compianto Duca di Savoia, non posso fare a meno di aggiungere un valore, infatti sovente si parla di "Dio Re Patria e Famiglia", facendo della monarchia un valore unificante, Corneliu Zelea Codreanu in "Pentru legionari" scrisse: "A capo delle stirpi, al di sopra dell'élite, si trova la monarchia.

Respingo la repubblica. Nella storia si sono visti monarchi buoni, buonissimi, deboli o cattivi; gli uni sono stati onorati e hanno goduto dell'amore dei popoli sino al termine della vita, ad altri fu tagliata la testa. Non tutti i monarchi, quindi, sono stati buoni. La monarchia, però, è sempre buona. Non bisogna confondere l'uomo con l'istituzione, traendone conclusioni false. [...] Un monarca non fa quello che vuole: un monarca è meschino quando fa quello che vuole, ed è grande quando fa quello che deve".

La corona è il valore unificante, che storicamente ha portato all'unità nazionale italiana, come sosteneva Indro Montanelli fu solo grazie al Regno di Sardegna dei Savoia, con il loro piccolo ma serio esercito e la diplomazia di Cavour, che si compì la redenzione nazionale. Sua Maestà Re Vittorio Emanuele II, nel 1861 innanzi al nuovo parlamento italiano, dichiarò: “Devoto all’Italia, non ho mai esitato a porre a cimento la vita e la corona”, queste parole sono il suggello del destino di una dinastia, che per secoli ha lavorato per creare un Stato e si è posto alla guida di un popolo intero, fondendo il valore della corona con quello dell'Italia.

Il secondo termine è "Patria", la terra comune eredità tangibile e immortale dei nostri predecessori, la "terra dei padri" nell' inviolabilità dei sacri confini è il retaggio che ogni generazione passa alla prossima. Un grande patriota italiano, irredentista e martire della causa istriana, Nazario Sauro, nella sua ultima lettera ai figli scrisse: « Caro Nino,

tu forse comprendi od altrimenti comprenderai fra qualche anno quale era il mio dovere d'italiano. Diedi a te, a Libero ad Anita a Italo ad Albania nomi di libertà, ma non solo sulla carta; questi nomi avevano bisogno del suggello ed il mio giuramento l'ho mantenuto. Io muoio col solo dispiacere di privare i miei carissimi e buonissimi figli del loro amato padre, ma vi viene in aiuto la Patria che è il plurale di padre, e su questa patria, giura o Nino, e farai giurare ai tuoi fratelli quando avranno l'età per ben comprendere, che sarete sempre, ovunque e prima di tutto italiani! I miei baci e la mia benedizione. Papà. Dà un bacio a mia mamma che è quella che più di tutti soffrirà per me, amate vostra madre! e porta il mio saluto a mio padre. »

Il richiamo patriottico che lega le generazioni, chi ci ha preceduto combattendo e cadendo per la bandiera, porta la "Patria" a accostarsi in modo indissolubile al termine termine, "Famiglia". L'unità della terra si fonde con il nucleo del focolare domestico, base della nostra civiltà, comunione di anime sotto un unico tetto, base sociale e culturale da Roma antica sino ad oggi. Se Giuseppe Mazzini asseriva che: "La famiglia è la patria del cuore", valore unificante e patriottico,  San Paolo nella lettera a Timoteo dice: "Se poi qualcuno non si prende cura dei suoi cari, soprattutto di quelli della sua famiglia, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele", sottolineandone così l'importanza fondante e assistenziale come nucleo base della società. La famiglia è felicità e dono, e per riprendere le parole di Léon Degrelle nella sua opera "Militia": "Il dono, il vero dono è così: annientarsi sino all'ultima favilla. [...] La felicità esiste solo nel dono, nel dono completo; il suo disinteresse gli conferisce sapori d'eternità; esso ritorna alle labbra dell'anima con una soavità immortale.

Donare! Aver visto occhi che brillano per essere stati compresi, colpiti, appagati!

Donare! Sentire le grandi onde di felicità che fluttuano come acque danzanti su di un cuore pavesato all'improvviso di sole!

Donare! Aver colto le fibre segrete che tessono i misteri della sensibilità!

Donare! Avere il gesto che consola, che toglie alla mano il suo peso di carne, che consuma il bisogno di essere amato"!


Questi valori fondanti, non possono e non devono essere dissipati, sono il nostro moderno retaggio di "mos maiorum", che ci accomuna e ci distingue. Secondo una definizione di Sesto Pompeo Festo il termine mos si può inquadrare così: «Mos est institutum patrium, id est memoria veterum pertinens maxime ad religiones caerimoniasque antiquorum.» (Il costume è l'usanza dei padri, ossia la memoria degli antichi relativa soprattutto a riti e cerimonie dell'antichità). I romani sintetizzavano tutto ciò in cinque punti:

• Fides, la fedeltà, la lealtà, la fede, la fiducia e reciprocità tra i cittadini

• Pietas, la pietà, la devozione, il patriottismo, il dazio

• Maiestas, sensazione di superiorità di appartenenza a un popolo civile

• Virtus, qualità peculiari dei cittadini romani, il coraggio, l'attività politica e militare

• Gravitas, tutte le regole di condotta dell'antico romano tradizionale, rispetto per la tradizione, la serietà, la dignità, l'autorità, anche se ci furono plurimi valori scaturiti dai "mores".

Questi antichi valori si fondano con quelli odierni, legandoci ad una storia antica e immortale, di vuoi dobbiamo essere fieri. Come disse Salvatore Todaro, Capitano di sommergibile, che rispondendo all'ammiraglio tedesco Karl Dönitz che lo criticava per aver salvato i naufraghi di una nave affondata dagli stessi italiani, rispose: «Un comandante tedesco non ha, come me, duemila anni di civiltà sulle spalle».

27-X-2022


Alessio BENASSI