La soluzione di Platone al fenomeno dell’”anaciclosi”: il ciclico alternarsi dei regimi. La preferenza monarchica. Con questo approfondimento filosofico di notevole spessore, Merico Cavallaro inizia a collaborare con il nostro Circolo.
LA SOLUZIONE DI PLATONE ALL'ANACICLOSI.
LA PREFERENZA MONARCHICA.
L’anaciclosi è il mutamento politico, il cambiamento non sempre positivo, la degenerazione politica cui corrisponde quella dell’individuo (che è prima di tutto degenerazione dell’individuo), che va fermato con un’operazione di educazione della popolazione a ideali e scopi pratici e morali che giovino a tutti indistintmente.
Nell’VIII libro della Repubblica, riprendendo le classificazioni tradizionali delle forme politiche, quella preferibile appare il “governo dei migliori”, l’aristocrazia, cui fa seguito un elenco dato dalla timocrazia, cioè governo dei migliori elementi dal punto di vista militare, ma avviene che l’esistenza di proprietà privata e l’accentramento sempre maggiore di sostanze porta alla perdita dell’equilibrio sociale e all’affermazione di alcune persone in particolare che diventano affariste e avare: nasce l’oligarchia, ossia il governo dei più ricchi che si regge sull’intimidazione e sulla violenza, aumenta il divario tra ricchi e poveri e l’accentramento di ricchezza conduce all’impoverimento della maggior parte della popolazione che, una volta presa coscienza di non essere inferiore, tumulta e sopprime o esilia gli oligarchi: qui è il regno della libertà, una libertà che però con l’andare del tempo perde i freni e dove i valori ed i ruoli, in un primo tempo improntati all’uguaglianza, vengono a perdersi o a invertirsi (i giovani non rispettano gli anziani, gli alunni non rispettano i maestri) perché ciò che appartiene alla tradizione è visto come imposizione e considerato come legato a regimi antidemocratici, questo processo diviene anarchia. Per uscire da questo stato la popolazione elegge un “arbitro”, un tiranno, cui conferisce il potere affinché i ricchi non abbiano il sopravvento e che lo gestisce per il proprio interesse, ne diviene schiavo come del piacere e delle persone di cui si circonda, che deve adulare, come costoro fanno nei suoi confronti, e mantenerli in una condizione di piacere e vantaggi.
Questa che ci mostra Platone non è una tassonomia ma una fenomenologia, un processo di degenerazione politica e al tempo stesso morale e antropologica.
Nella definizione di giustizia fornita da Trasimaco nel III libro della Repubblica, secondo il quale la giustizia consiste nell’“utile del più forte”, è sintetizzato il nocciolo dell’anaciclosi: chi detiene il potere fa le leggi per se stesso, anche a scapito degli altri, escludendo gli interessi e le garanzie per gli altri. La tesi di Trasimaco non verrà del tutto smontata, essa possiede la sua validità perché effettivamente chi governa fa le leggi e determina ciò che è giusto e lo scopo dei suoi atti è quello di mantenere il potere. Vedendosi esclusa dal potere e dalla soddisfazione delle proprie istanze la minoranza trama per prendere il potere e una volta preso governa a proprio vantaggio e cercando di procurare danno agli altri. Qui è un’altra tesi molto diffusa tra la popolazione una delle cause che generano il desiderio di rivalsa che sta alla base dell’anaciclosi perché ostile ad ogni tentativo di conciliazione sociale: la giustizia come “giovare agli amici e danneggiare i nemici”, l’utile e il giusto come un procurare danno agli altri introducendo il concetto di “fare del male”, niente di più lontano da ogni concetto morale di giustizia: il problema per Platone è quello di portare un fondamentale stato di giustizia sociale, diversamente ogni nozione di giustizia ricadrebbe sotto il gioco di chi possiede al momento la facoltà di determinarla attraverso le leggi: occorre una costituzione valida per tutti, occorre una ri-educazione dell’intera comunità.
La soluzione dei “migliori”
La soluzione che Platone preferirebbe ma che sarebbe ancor più utopica del comunismo etico dei guardiani-governanti della Repubblica è quello di avere una società migliore per l’elevazione di tutta la popolazione, ma siccome la natura umana non ci rende tutti capaci o intenzionati a compiere sforzi per migliorare, premessa un’educazione di base che tiri fuori da ogni individuo il meglio di sé e fornisca una coscienza civica, nell’utopia di Platone un folto gruppo di persone, uomini e donne, deve occuparsi della gestione dello Stato con tutte le garanzie possibili affinché no governi per il proprio interesse. E qui il comunismo etico e tutta una serie di elementi mutuati dalle comunità pitagoriche.
Dobbiamo rilevare che per Platone è necessario il coinvolgimento dell’intera popolazione nelle vicende dello Stato, coinvolgimento che dovunque avviene, laddove in maniera più diretta, altrove in maniera meno impegnata, perché per Platone il fatto di non coinvolgere la comunità nel suo complesso è stata la carenza o errore di Socrate nello svolgersi del suo magistero: Socrate rivolgeva la sua azione maieutica e migliorativa nei confronti di ogni singolo individuo con cui poteva avere contatti ma questo non poteva assurgere ad una vera e propria dimensione politica. Per Platone bisogna superare i particolarismi e le individualità, che vuol dire anche egoismi e rivalità.
Occorre, dunque, che ognuno adempia alle faccende per le quali è meglio portato e già solo questo torna utile alla comunità: chi l’artigiano, chi il commerciante, chi il guardiano, ecc.. Non potendo far sì che tutti abbiano preparazione e onestà irreprensibili, non potendo imporre a chi non è interessato a crescere nell’educazione di venire educato al pari degli altri, ma contemporaneamente essendo interesse dello Stato essere governato dai migliori elementi, ci sarà chi, essendo portato ad assumere le responsabilità ed avendone i requisiti, dovrà accollarsi il fardello della difesa e del governo, fardello, ovviamente, per tutta una serie di rinunce cui deve sottoporsi, come abbiamo visto poco sopra.
La soluzione delle Leggi
La legge è il principio fondatore della convivenza civile, ma lo è laddove la legge non è soggetta ai governanti e tutti ne sono sottoposti. In questa prospettiva nelle Leggi scompare la necessità della ricerca di una forma di potere perfetto e saldo perché ininfluente laddove la costituzione soddisfa ai principi dell’equità. Per questo la costituzione della popolazione in un unico corpo dove non ci sia distinzione di classi sociali (la suddivisione in quattro classi censitarie ha finalità fiscali) appare come un cardine imprescindibile, l’amalgama sapiente della popolazione da parte del politico nel Dialogo omonimo qui è elemento essenziale per condurre avanti il progetto, amalgama che avviene mediante l’educazione che fa comprendere l’unicità del corpo sociale e annulla gli elementi culturali disgreganti e egoisti.
La soluzione monarchica
La soluzione monarchica di Platone non consiste nel dare rilevanza politica ad una persona ma far sì che un ideale socio-culturale-giuridico venga incarnato da una persona che sia in grado di rappresentarlo ma che possa anche farne derivare i frutti migliori nella sua applicazione al governo dello Stato. Questa figura ha una particolare rispondenza pratica: siccome non è possibile elevare tutti gli elementi della società e pretendere da essi doveri, è più facile educare una persona sola che diriga lo Stato.
Il monarca di Platone non è il pastore che guida il gregge, e questo lo esclude espressamente in una lunga analisi condotta su base dicotomica nel Politico1, ma una persona che è stata forgiata sin dalla nascita con i migliori strumenti etico-culturali. Il pastore sarebbe un essere superiore alla massa di bestie e condurrebbe il gregge a proprio piacimento, secondo i propri scopi e non secondo regole e garanzie stabilite a priori, senza cercare di capire cosa è il bene del gregge.
L’analisi del Politico fornisce lineamenti su quella che dovrebbe essere la preparazione di un vero uomo di Stato, che deve occuparsi di presiedere e provvedere al regolare svolgimento di tutte le attività che riguardano la vita della polis.
La preferibilità di un uomo con funzioni di direzione (direzione e non comando) già era stata concepita da Platone nella Repubblica come necessaria all’educazione: un direttore degli studi che non è sopra gli altri, che ha conoscenza generica e non specifica delle competenze degli insegnanti al fine di sapere possibilità e limiti di costoro ma senza entrare nello specifico (ed in “competizione”) del magistero degli altri. Anche nelle Leggi, il progetto partecipato da tutti nella stessa misura, emerge una figura da raccordo e direzione secondo i principi ispiratori della polis, una figura competente per scienza ed esperienza, che è il massimo responsabile dell’educazione. Ma è sempre una persona tra le tante che deve espletare il suo ruolo nella maniera migliore per il bene della comunità, il suo fondamento e la sua garanzia sono nella democraticità e nel benessere della vita dell’intero Stato.
Dunque, in Platone la figura di monarca ha tutte quelle garanzie per la stabilità della polis e per la vita democratica ed equa della società: possiamo dire che con il Filosofo ateniese abbiamo la prima definizione di monarchia costituzionale.
Merico Cavallaro
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