La ciclicità della Storia è destino ineluttabile. In tempi drammatici di emergenza sanitaria, tornano i "cagoia". Ma quanti piccoli politicastri dovremo ancora sopportare?
OGNI EPOCA HA IL SUO “CAGOIA”
“Cittadini, soldati, in Roma colpita dalla pestilenza come quando covavano le tenebre medievali, nella lugubre Roma dove Cagoia buffonescamente parla della sua scampata morte alla compiacenza supina e suina dei suoi naturali mezzani, nella Roma delle talpe senz’occhi e delle oche senz’ali si crede che noi siamo costernatissimi e che le vie di Fiume non sono omai attraversate se non da tristi ombre...”.
Esordiva con questa veemenza un celebre discorso di d’Annunzio, nel quale il Comandante parlava ironicamente dell’allora presidente del consiglio Saverio Nitti, sbeffeggiandolo col nomignolo “Cagoia” tra le acclamazioni, le urla e gli applausi della folla.
Ma facciamo un passo indietro, per poterne poi fare altri due in avanti.
Il 13 settembre 1919, Nitti si presentò al Parlamento per riferire sui gravi casi di Fiume. Egli senza mezzi termini condannò l'impresa dannunziana, definendola la "follia di un vanesio"; constatò che il modo di agire dei militari aveva solo un nome: diserzione; promise che contro coloro che non fossero subito tornati al loro posto, obbedendo alle competenti autorità militari, si sarebbe proceduto giudiziariamente per il reato appunto di diserzione. In tutta Italia nazionalisti, fascisti ed arditi dimostrarono a favore di Fiume e di d'Annunzio, contro il governo Nitti.
Il presidente del consiglio, incapace di tutelare gli interessi dello Stato, non si rendeva conto che non solo Fiume ma tutta l’Italia, la vera Italia della trincea, fatta di sangue, di sudore, di arditismo e di sogni, lo disprezzava e lo derideva per bocca del Poeta.
Da tutto ciò nacque l’ insulto: “cagoia”. Questo epiteto, che in dialetto giuliano significa “lumaca senza guscio” fu, in origine, il cognome vero di un pover’uomo triestino – rivoltoso ma pavido fino all’inverosimile, il quale, giunto al cospetto del Pretore per essere interrogato, affermò tentennante “mi no penso che per la pansa” (Tommaso Antongini in “D’Annunzio Ignorato”) - e finì così per designare un crapulone vigliacco ed incapace di prendere decisioni per paura delle ritorsioni altrui.
Evidentemente, Nitti, che non voleva prendere decisioni passibili di ripercussioni verso gli alleati, si meritò il suddetto nomignolo.
Veniamo allora ai giorni nostri: quanti “cagoia” abbiamo anche noi! In tempi burrascosi di COVID-19, sono ricomparse tante umide lumache senza guscio. A dir la verità, ci pare che questi cagoia di oggi non meritino neanche l’ “onore” di ricevere tale appellativo: Nitti, nonostante i suoi difetti, era pur sempre un docente universitario, economista, giornalista, ed aveva almeno il coraggio di andare in Parlamento per riferire sulla situazione di emergenza. Oggi, invece ci troviamo dinanzi a squallide figurine che, nella loro pallida inconsistenza, si distinguono per un’ eccezionale inettitudine.
Esattamente come gli ignavi, che Dante disprezzava giudicandoli indegni perfino dell’Inferno, questi incapaci non prendono decisioni, sospendono la scelta, si divertono a rimandare a tempi migliori, sperando di mantenere la poltrona intatta.
Uno abita al Quirinale, suo malgrado. Non ha tutte le colpe, giacché è stato chiamato a ricoprire un ruolo già di per sé fasullo: essere presidente di una repubblica nata con l’imbroglio, ti porta inevitabilmente a diventare prima vittima di quello stesso imbroglio. Ma le responsabilità che gravano sulle spalle di questo pover’uomo, sono grandi ed ingravescenti: in particolare, quando venne dichiarato lo stato di emergenza, mentre il primo ministro si divertiva abusando del suo ufficio, il Capo dello Stato avrebbe avuto il dovere di dichiarare la necessità di un governo di unità nazionale, di larghe intese, con o senza l’attuale premier. E non lo ha fatto. Dopo gli ultimi scandali che hanno visto coinvolta la Magistratura (caso “Salvini” docet), avrebbe il dovere di sciogliere il CSM. Ma non lo farà.
Uno si trova per caso a presiedere il consiglio dei ministri: incapace ma soprattutto arrogante, privo del più semplice buon senso, non solo ha gestito malamente una situazione già di per sé drammatica ma, cosa ancor più grave, ha avuto la stucchevole presunzione di poter fare da solo, senza consultazioni, ricorrendo ad autoritarismi tanto odiosi quanto liberticidi e passando con disinvoltura paternalistica da un “dpcm” a un “Se lei ritiene di poter fare meglio, la prossima volta la terrò presente”.
Dovremmo citare anche tanti altri politicastri ridicoli, ma per evitare che questo articolo diventi troppo pesante, ci basti ricordare la finta opposizione giocata dal capetto di “Italia viva”, il quale dice di essere nauseato da questo governo, promette “ferro e fuoco”, presentandosi come salvatore della Patria, poi, quando si tratta di votare la fiducia o meno all’insignificante ministrino di Grazie e Giustizia, cosa farà mai? Vota la fiducia. Ovvero, la tenuta di questo governicchio dipende da un guitto fiorentino di gran lunga più comico del suo compaesano Benigni.
Dei grillini è meglio tacere, per carità di patria.
Ecco, questa è l’amara situazione di oggi. Tanti piccoli omuncoli, molto più “cagoia” dell’originale.
Continuava d’Annunzio: “ Laggiù, a Roma, Cagoia e il suo porcile non imaginano quale schietta ilarità susciti in noi quello spettacolo di sopracciglia corrugate, di pugni grassocci dati a tavole innocenti, di menzogne puerili, di rampogne senili, di minacce stupide, di ringoiamenti goffi, in confronto della nostra risolutezza tranquilla, della nostra pacatezza imperturbabile…”; e concludeva: “Qualunque cosa dicano o tentino o facciano i servitori di Cagoia e gli Alleati e l’Associato, la loro infamia è certa. Ma tutto quel che noi facciamo, in dedizione d’amore e in purità di sacrifizio, è nobile nei secoli, è una gloria per i secoli dei secoli certa”.
Giovanni FLAMMA
Foto di copertina: da https://www.ilmessaggero.it/politica/governo_crisi_conte_renzi_cosa_succede-5053923.html