Riflessioni sul racconto “Il tesoro di Equatoria” di Vittorio Vetrano, pp. 190, Leone Editore, Milano 2021
“Il tesoro di Equatoria” è un romanzo storico di Vittorio Vetrano.
E’ ambientato in un immaginario 2018, che tutti noi avremmo auspicato di poter vivere, ma soprattutto con un ottimo contorno storico, come vedremo tra poco.
«Sono passati settantetre anni da quando l’Italia fascista ha vinto la guerra mediterranea ed è riuscita a portare a termine la colonizzazione dell’Africa. Giulio Dudovich è un trentanovenne di Roma, che lavora per una ditta produttrice di macchine agricole.
Un giorno, i suoi superiori gli affidano una missione: dovrà recarsi in Equatoria, nel Commissariato più meridionale del Sudan, per valutare un possibile intervento dell’azienda nel progetto di sviluppo agricolo in quella terra selvaggia.
Perciò, Giulio parte alla volta di Equatoria […]».
Questo è un breve quadro tratto direttamente dalla seconda di copertina del romanzo.
Il protagonista invece, dopo varie vicissitudini, verrà coinvolto nella ricerca di un tesoro.
E’ un romanzo, come dicevo poc’anzi, ambientato ai giorni nostri, come se non fosse mai caduto il Fascismo. Porta ai giorni nostri quel glorioso periodo che colonizzò, ed al meglio, la terra d’Africa.
Furono infatti gli Italiani a far conoscere l’Africa agli Africani [basti ricordare le esplorazioni di Luigi Amedeo di Savoia Aosta, Duca degli Abruzzi (1873-1933)].
Sono posti in risalto i valori della Patria, della Famiglia, dell’onore, della lealtà tra le persone. Il rispetto e la devozione per il Re, la Monarchia, la Famiglia Reale, il Capo del Governo.
Tutte le passioni dell’Autore, tra l’altro pianista e compositore, sono evidenziate con precisione estrema: la storia, la geografia, la musica, il ballo, la conoscenza precisa delle zone, degli usi, dei costumi dell’Africa, la sua toponomastica ai tempi dell’Impero Italiano.
Ma anche la conoscenza precisa e dettagliata del romano Quartiere Flaminio (limitrofo al Foro Italico), ove il protagonista abita con la moglie Isabella ed i suoi cinque figli, che adorano e rispettano i genitori.
E’ un romanzo che si legge tutto di un fiato in cui sono inseriti anche i valori dell’avventura, nonché dell’amore.
Ogni luogo, ogni situazione, ogni momento sono descritti con dovizia di particolari ed appassionano il lettore e diciamo che lo incuriosiscono anche, come è accaduto a chi scrive.
Naturalmente il lieto finale corona tutto ciò.
Scrive l’Autore nella Premessa:
«[…] Questo romanzo è ambientato ai nostri giorni. O, per meglio dire, sarebbe ambientato ai nostri giorni, se una lunga serie di giorni precedenti fosse stata assai diversa. […] una Seconda guerra mondiale avvenuta in modo assai ridimensionato e limitata a una Guerra mediterranea, con la vittoria degli ideali tradizionali e social-nazionali sulle ideologie avversarie, democraticismo liberal-capitalista e bolscevismo.
Il romanzo non racconta questi avvenimenti fantastorici. Li lascia sullo sfondo, come premessa indispensabile per comprendere il presente narrato. Uno dei tanti presenti possibili.».
Il filo conduttore è: «Ma è vero la storia non si fa con i “se”. Forse no… Tuttavia di una cosa son certo: i romanzi sì». Sostiene il protagonista alla fine del romanzo.
E non posso non concordare.
Spero che questo romanzo possa diffondere un po’ di valori positivi nella nostra società sicuramente non messa alquanto bene.
“Il Tesoro di Equatoria” merita il successo che sicuramente avrà.
Gianluigi CHIASEROTTI